martedì 25 settembre 2012

E' tempo di riconsiderare gli aiuti ai palestinesi

di Arsen Ostrovsky*

La politica di sostegno finanziario dell'UE nei confronti dei palestinesi, è ben descritta dalla definizione di follia fornita da Einstein: «fare la stessa cosa più volte ed aspettarsi che fornisca risultati differenti». La scorsa settimana, l'Unione Europea ha annunciato di aver raddoppiato per il 2012 gli stanziamenti per lo sviluppo palestinese e per l'ANP a 200 milioni di dollari. Dal 2004 l'UE ha stanziato almeno 5 miliardi di dollari in aiuti finanziari: è il donatore più generoso. Ma cosa ha ottenuto in cambio? molto poco: eccezion fatta per terrorismo, corruzione e un processo di pace interrotto.
Con l'Europa al centro di una crisi economica generazionale, è giunto il momento di chiedersi se l'UE deve ancora continuare a finanziare l'ANP. La maggior parte dei fondi sono destinati teoricamente al finanziamento di progetti umanitari nella Striscia di Gaza controllata da Hamas, in Cisgiordania, e dell'agenzia ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA). Ma l'UE sembra dimenticare che Hamas, che disconosce Israele ed è impegnata nella sua distruzione, è classificata come organizzazione terroristica dalla stessa Unione Europea. Le iniziative a sostegno dei palestinesi, per quanto nobili, finiscono per finanziare il regime terroristico che controlla la Striscia: l'UE non può accertarsi che il denaro inviato finisca nelle mani giuste.
Nel frattempo, l'UNRWA continua a rivelarsi un ostacolo importante alla pace in Medio Oriente, continuando a perpetrare la dipendenza dell'economia palestinese dagli aiuti finanziari internazionali e gonfiando in modo artificiale il numero dei legittimi rifugiati palestinesi, rendendo questo un problema insormontabile per il conseguimento della pace.


E poi c'è il presidente dell'ANP Mahmoud Abbas: un uomo che non pochi in Occidente considerano "moderato", ma che non disdegna di dialogare con Hamas per formare un governo unitario e che al contempo respinge gli inviti al dialogo di Netanyahu. Senza contare che sotto la leadership di Abbas l'AP ha fatto molto poco per contenere l'incitamento alla violenza sui media e nelle scuole dei territori palestinesi; piazze e strade continuano ad essere intitolati a terroristi, e il governo stronca la libertà di stampa arrestando e intimidendo giornalisti e blogger che osano criticare la leadership.
Nel frattempo la corruzione dilaga. Il mandato di Abbas è scaduto a gennaio 2009 ma le elezioni continuano ad essere dilazionate. In questi anni Abbas ha ammassato un'enorme fortuna personale, consolidando il suo gruppo di potere. Eccezion fatta per la kefia che non indossa, Abbas è identico ad Arafat in quanto a corruzione imperante nei terrotori palestinesi.
Chi si oppone al taglio dei finanziamenti rileva lo sforzo istituzionale di Salam Fayyad (primo ministro di Ramallah, NdT). Ma gli sforzi risulterebbero vani senza il sostegno attivo e la presenza israeliana. Se Israele si ritirasse del tutto dai territori contesi, la stabilità relativa del West Bank cederebbe il posto alle violenze e ad un nuovo scontro di potere fra Hamas e Fatah, come occorso nel 2006 nella Striscia di Gaza. L'economia collasserebbe.

In un rapporto diffuso questa settimana, la Banca Mondiale sostiene che i palestinesi affrotano una grave crisi finanziaria, e fa appello ai donatori internazionali affinché aprano i cordoni della borsa. Per cui la domanda è: dove finiscono tutti i soldi che sono spediti ad un territorio i cui abitanti risultano i primi beneficiari di aiuti al mondo pro-capite?
Forse l'Europa dovrebbe preoccuparsi del fatto che malgrado le implorazioni dell'AP circa il suo dissesto finanziario, si riescono comunque a trovare fondi (fino al 6% del bilancio annuale) per versare contributi ai terroristi palestinesi rinchiusi nelle carceri, o alle famiglie dei terroristi. I consistenti aiuti europei non sono serviti nemmeno a persuadere Abbas, e di recente Fayyad, a sedersi ad un tavolo per discutere di pace con Netanyahu.
I "fratelli arabi" dei palestinesi in Medio Oriente sono venuti già meno nel sostenere finanziariamente l'AP. E ora Abbas minaccia di voltare le spalle agli Accordi di Oslo, che rappresentano la spina dorsale dell'intero processo di pace, raggiunti sotto gli stessi auspici dell'Unione Europea.
Se l'Europa è davvero preoccupata nell'aiutare i palestinesi, dovrebbe seriamente chiedere che i leader rimuovano corruzione e tornino immediatamente a discutere di pace. E' giunto il momento di rivedere seriamente la politica di aiuti finanziari: chiedere conto di come il denaro viene impiegato sarebbe già un primo buon passo.

Fonte: The Commentator.

1 commento:

  1. quando l'europa reagira' a questa sua folle paura sara'un bene per l'umanita'.
    la primavera araba e sovvenzionata dai gruppi e paesi piu oltranzisti e ortodossi arabi ma la cosa stupida e il fatto che una democrazia come l'europa sia caduta nel tranello di supportare e incorragiare idiotamente con l'appoggio di obama , queste rivoluzioni atte a portare al potere le frange piu' estremiste mussulmane.
    come detto l'europa paghera' la sua idiozia continuando a suicidarsi.

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