domenica 28 febbraio 2016

Le torture e gli abusi dell'Autorità Palestinese (finanziati da noi)


di Khaled Abu Toameh*

I palestinesi che incoraggiano la violenza ai danni degli israeliani sono chiamati "leader palestinesi". I palestinesi che si trovano a dissentire sulla condotta del presidente Mahmoud Abbas o dei suoi seguaci, sono definiti criminali, e possono confidare di subire un interrogatorio o una detenzione.
La leadership palestinese ha sempre represso il dissenso, che sia partito dai giornalisti, dai commentatori, dal mondo universitario, dagli attivisti dei diritti umani o dalla classe politica. In questo, i presidente e la stessa ANP non appaiono dissimili dagli altri dittatori che governano il mondo arabo.
Come le famose scimmie giapponesi che non vedono, non sentono e non parlando, i media internazionali sono noti per chiudere un occhio sui palesi abusi dell'Autorità palestinese. Ma per essi c'è una novità: è sufficiente ora mostrare di non apprezzare Abbas per rischiare l'arresto o un interrogatorio, con l'accusa di «ingiurie a Sua Eccellenza».
È il caso, ad esempio, del professor Abdul Sattar Qassem, che insegna Scienze Politiche all'Università di Nablus. Qassem, da tempo oppositore di Abbas e critico nei confronti degli Accordi di Oslo, è stato arrestato la scorsa settimana dalle forze di sicurezza palestinesi con l'accusa di "incitamento", sulla scia di un'intervista televisiva in cui rivelava che chi collabora con Israele va incontro alla pena capitale, secondo la "Legge Rivoluzionaria" dell'OLP. La leadership palestinese ha considerato questa esternazione "incitamento" ai danni del presidente Abbas.

venerdì 19 febbraio 2016

I palestinesi hanno abortito il processo di pace

In un curioso annuncio del "ministro degli Esteri" dell'autorità palestinese Riyad Malki, reso ad una conferenza stampa a Tokyo il 15 febbraio scorso, nell'ambito di una visita di Mahmoud Abbas in Giappone; Malki ha affermato, stando a quanto riportato da Times of Israel, che «non torneremo più indietro per sederci al tavolo dei negoziati diretti fra israeliani e palestinesi».
Molti dipingerebbero questa affermazione come ennesimo esempio della solita propaganda ed arroganza palestinese, nel momento in cui il mondo è in una certa misura stanco di assistere a questi continui tira e molla dei palestinesi, nel tentativo di orientar l'opinione pubblica globale a proprio favore.
Ciò appare evidente quando, al contempo, la leadership palestinese si mostra categoricamente indisposta a ritornare al tavolo dei negoziati, preferendo prodigarsi nello sforzo di aggirare il processo negoziale.
In aggiunta, la leadership palestinese continua sfacciatamente e ad un certo punto anche orgogliosamente a sostenere e incoraggiare la campagna delegittimatoria del BDS contro Israele nei campi commerciali e culturali, impegnandosi in un incitamento quotidiano che produce violenza e morte di ebrei ed israeliani.

lunedì 1 febbraio 2016

L'orrore delle carceri palestinesi

Una coraggiosa organizzazione per i diritti umani (ICHR) ha reso noto e denunciato le torture e i crimini perpetrati nei centri di detenzione palestinesi del West Bank e della Striscia di Gaza; da parte rispettivamente della polizia dell'ANP di Abu Mazen e dalle milizie di Hamas.
Per essere "ospitati" dalle carceri palestinesi non è necessario subire un regolare processo; talvolta non occorre nemmeno la flagranza di reato (è reato per esempio sottoscrivere liberamente un regolare contratto di compravendita di un terreno, la cui controparte sia israeliana). Basta il semplice sospetto: una scheda telefonica israeliana, la soffiata di un vicino rancoroso; magari il ritratto del premio Nobel per la Pace Shimon Peres.
Il sarcasmo però è fuori luogo, perché i sospettati sono sottoposto ad un brutale e disumano trattamento, come rivelano le immagini fatte circolare dalla palestinese ICHR: i malcapitati sono percossi a colpi di frusta, vengono appesi per le mani, previamente disposte dietro il corpo, per giorno sono privati del sonno e subiscono torture nei punti più delicati del corpo.