venerdì 16 dicembre 2016

Israele stringe le mani, mentre l'ANP è alle corde

Sta per chiudersi un anno orribile per l'Autorità nazionale palestinese. E il 2017 non si preannuncia migliore, per le casse esangui del fallimentare embrione di stato palestinese nato dagli Accordi di Oslo del 1993. Scioccati dall'incoraggiamento e supporto al terrorismo, gli Stati Uniti di Obama quest'anno hanno completamente tagliato le donazioni finanziarie a Ramallah: lo rivela il primo ministro palestinese Rami Hamdallah in un'intervista sconsolata ai media locali.
Secondo l'Esecutivo palestinese, i donatori stranieri hanno tagliato le contribuzioni in misura compresa fra il 62 e il 70% rispetto ad appena cinque anni fa; costringendo Abu Mazen a ridurre gli stanziamenti a favore delle famiglie dei terroristi palestinesi. Non a caso gli attentati ai danni della popolazione civile e militare israeliana quest'anno hanno subito un vistoso ridimensionamento.

mercoledì 30 novembre 2016

L'improbabile "diritto al ritorno" millantato dai palestinesi

Famiglia ebrea residente in Iran nel 1880 circa

Secondo le Nazioni Unite, nel 1948 si contavano circa 710 mila arabi che lasciarono il neonato Israele o furono indotti a farlo in conseguenza dello scoppio della Guerra di Indipendenza (seguita all'attacco degli stati arabi che rifiutarono la risoluzione ONU che dava vita a due stati - uno ebraico e uno arabo - in luogo della Palestina mandataria britannica, NdT). All'epoca - siamo immediatamente dopo la cessazione delle ostilità del secondo conflitto mondiale, c'erano circa 50 milioni di rifugiati in tutto il mondo. Ma tutti, nel tempo, trovarono una nuova dimora. Al contrario la questione palestinese, grazie al contributo onusiano, è peggiorato nel tempo, e oggi si calcolano ben 5 milioni di palestinesi che rivendicano lo stato di rifugiato.

giovedì 24 novembre 2016

In Israele stanno reinventando la ruota (e non solo)


Gal Fridman e il suo gruppo di lavoro stavano lavorando ad un nuovo processo di combustione interna. L'idea era sensazionale: un singolo pistone in continuo movimento risulterebbe di gran lunga più efficiente del corrente standard dei motore a scoppio. Ma «nessuno voleva prestarci ascolto», ricorda Fridman, cofondatore della start-up israeliana Aquarius Engines. Sono passati due anni e la società sta ora testando l'innovazione presso un laboratorio di ricerca di Formula 1 in Belgio. La Peugeot si è dichiarata interessata al motore, al pari di altri produttori di auto.
«Siamo alla terza generazione di motori per auto. Posso dire al momento che questo è molto potente».
Israele si è guadagnato la reputazione di "Start Up Nation", ma l'innovazione si concentra soprattutto nella tecnologia, nella sicurezza informatica e nel settore biomedicale. E ora, si espande in nuovi territori.
Ecco la storia di tre società che stanno innovando il settore dell'Auto.

sabato 1 ottobre 2016

Gli strafalcioni dell'Ufficio Stampa della Casa Bianca

L'Ufficio Stampa della Casa Bianca nelle ultime ore ha suscitato l'ilarità globale per un paio di uscite diciamo così "infelici". Sarà il clima da fine anno scolastico che si respira a Washington, sarà un brutto scherzo giocato dall'emozione per la scomparsa di uno statista di rilevanza storica come Shimon Peres; sta di fatto che i collaboratori di Obama hanno sommato errori ad errori.
Prima, hanno spedito il povero Obama a Tel Aviv, in compagnia dell'intera delegazione americana. Per fortuna la capitale israeliana dista una sessantina di chilometri, per cui non sarà stato difficile raggiungere il Monte Herzl per commemorare la scomparsa di Shimon Peres. Eppure, secondo la segreteria dell'Office of the Press, Barack Obama avrebbe dovuto partecipare ad un funerale a Tel Aviv...

mercoledì 28 settembre 2016

La storia degli insediamenti ebraici nel West Bank


Per "coloni" si intendono gli ebrei israeliani che correntemente vivono nei territori contesti del "West Bank". Come sono arrivati qui, e cosa la loro presenza comporta per il conflitto arabo-israeliano? La questione è più retorica che bellica, sebbene le armi utilizzate certo non manchino. Ambo le parti avanzano rivendicazioni sul territorio in questione, proponendo ora le norme del diritto internazionale, ora i vincoli storici, ora la successione ereditaria.
La retorica dei coloni si basa sul ritorno, e non sulla conquista. I coloni israeliani rivendicano il ritorno alle terre dove in precedenza abitavano i loro avi. Questo, secondo la retorica palestinese, impedisce la formazione di uno stato: sarebbe impossibile pervenirvi, senza rimuovere una comunità di oltre 400.000 persone.
Ma come siamo arrivati a questo punto? la trascrizione del video che proponiamo, propone la storia degli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria.


Eccomi alla guida della mia auto, in quello che credo sia il luogo più strano al mondo. Ho appena lasciato Israele, per entrare nel West Bank. Se osservaste una cartina, notereste un groviglio di città e villaggi palestinesi, in verde; e di insediamenti israeliani, in blue.

martedì 27 settembre 2016

Ecco come funziona la barriera sotterranea difensiva israeliana

Come riportato qui a giugno, Gerusalemme sta lavorando ad una barriera sotterranea in cemento al confine con la Striscia di Gaza, che impedirà le incursioni dei terroristi palestinesi in territorio israeliano tramite i tunnel del terrore. La barriera difensiva sarà profonda diverse diecine di metri, e costerà poco più di due miliardi di shekel. Da tempo i residenti nell'Israele meridionale denunciano insistenti rumori del sottosuolo, che lascerebbero intendere un'incessante attività poco distante dall'abitazione dei civili israeliani, e che ha cagionato finora la morte di oltre 160 bambini palestinesi: periti per soffocamento, o per il collasso di costruzioni precarie.
Il sito Israellycool ha pensato bene di chiarire meglio il funzionamento di questo originale dispositivo difensivo. Spiegato come ad un bambino di quattro anni. Si trattava in partenza di concepire un sistema che impedisse ai loschi figuri nella parte superiore della figura qui in alto, di impartire la morte alle famiglie tipo quella riportata nella parte inferiore.
Per cui, come funziona la barriera sotterranea difensiva? nella figura in basso si vedono i terroristi di Hamas che raggiungono un tunnel appena costruito. Solitamente entrandovi attraverso un foro praticato in prossimità del lavandino del bagno di una famiglia complice e compiacente.

domenica 25 settembre 2016

Alcuni validi motivi per disprezzare Colin Firth


È difficile assumere una posizione ostile nei confronti di Colin Firth. Le donne lo adorano, e sognano ad occhi aperti davanti all'ennesima replica di Bridget Jones. Gli invidiano la moglie, italiana. Gli uomini non sfuggono al meccanismo dell'immedesimazione, e desidererebbero tanto possedere un pizzico di quella britannicità così magnetica con il gentil sesso. Ci siamo tutti emozionati davanti alla struggente interpretazione di Colin Firth nel Discorso del Re, una vibrante descrizione dell'appassionato incoraggiamento di Re Giorgio VI nei confronti della nazione, che si apprestava ad entrare in guerra contro il mostro nazista. Ma la narrazione cinematografica omette un paio di spiacevoli circostanze.

sabato 24 settembre 2016

Le allegre donzelle vanno a Gaza

È la "flottiglia delle donne per Gaza", ma in realtà non è una flottiglia: è una singola imbarcazione di gaie donne che ambisce a violare il blocco navale al largo delle coste della Striscia di Gaza. Chiamare questa iniziativa flottiglia è un controsenso, certo; ma anche definirle "attiviste per la pace" lo è, per cui tanti auguri e andiamo avanti.
Quelle che queste simpatiche donzelle non sanno, è che il blocco navale è non solo moralmente valido, ma anche legalmente impeccabile. In un raro momento di onestà le Nazioni Unite hanno esaminato la questione, pervenendo al cosiddetto Rapporto Palmer, dal nome del presidente della commissione legale incaricata dall'ONU: in esso - ben 110 pagine di analisi! - a maggio 2011, si è riconosciuto la legittimità dell'operato del governo di Gerusalemme, fornendo al contempo suggerimenti e raccomandazioni affinché nel futuro si evitino incidenti come quelli scoppiati a bordo della Mavi Marmara. Come quello di non portare energumeni e armi a bordo, se la missione è realmente umanitaria...
Magari se l'avessero saputo, le "donne della flottiglia" (rido) per Gaza avrebbero posto problematiche più serie e impegnative al centro dei loro sforzi; tipo: la corruzione dilagante, la poligamia, i matrimoni combinati, la mutilazione genitale femminile, la violenza subita fra le mura domestiche, l'impossibilità di affermarsi professionalmente, la disparità di giudizio nei tribunali, l'obbligo di indossare abiti umilianti e mortificanti, i delitti d'onore, e via discorrendo. Tutta colpa di Israele? o nulla di che, rispetto alla prospettiva di una misura sacrosanta che impedisce il riarmo di Hamas?...

martedì 20 settembre 2016

Chi decide la capitale di Israele?


Nel 2012 HonestReporting costrinse il Guardian ad una rettifica, successiva ad un articolo in cui si stabiliva che la capitale di Israele non era in effetti Gerusalemme, bensì Tel Aviv. Non si trattò di una semplice svista: quando sollecitati a correggere l'errore, Il Guardian inizialmente si rifiutò, argomentando che Israele era in errore nell'individuare il luogo della propria capitale. In seguito il quotidiano tornò sui propri passi e porse le proprie scuse soltanto di fronte all'eventualità di una citazione in giudizio.
Grazie agli sforzi di HonestReporting la Ofcom - all'epoca l'autorità di vigilanza sulla stampa - modificò le proprie norme mentre Il Guardian aggiornò il manuale operativo usato dai propri giornalisti, che correttamente citano Gerusalemme quando parlano della capitale di Israele.
Qualche giorno fa la repubblica ceca si è piegata alle pressioni di gruppi filopalestinesi, annunciando che i libri di testo distribuiti ai ragazzi avrebbero contemplato lo stesso errore: indicando Tel Aviv come la capitale di Israele. La decisione di lì a breve è stata rivista, dopo una ferma lettera recapitata da Nir Barkat, sindaco di Gerusalemme.

giovedì 8 settembre 2016

Israele e i "Territori" secondo il diritto internazionale

di Alan Baker*

Il diritto internazionale parla di "occupazione" quando una potenza occupa il territorio di uno stato sovrano. Nel caso di Israele, non c'è alcuna occupazione di un territorio sovrano: lo stato ebraico è entrato nell'area conosciuta come "West Bank" nel 1967, assumendone il controllo e l'amministrazione dalla Giordania, che non è mai stata considerata sovrana su quell'area.
In effetti, Israele e il popolo ebraico rivendicano parti di quell'area da secoli. Chiunque abbia mai letto la Bibbia può apprezzare il fatto che c'è una base legale storica molto consistente a supporto di territori che non possono essere considerati occupati; ma tutt'al più contesi.
Apprezzabile il fatto che anche i palestinesi abbiano rivendicazioni su quel territorio. Ma Israele ritiene che le sue argomentazioni sono ben più solide e meglio documentate. Ciononostante, è impegnato a condurre negoziati con i palestinesi per pervenire ad una soluzione definitiva della disputa.
I giordani, che invasero l'area dopo la guerra del 1948, procedettero ad annessione; ma quella annessione non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale. Più tardi il re di Giordania rinunciò unilateralmente ad ogni sovranità o rivendicazione sui territori. Per cui i giordani sono arrivati e andati via. La questione va risolta fra israeliani e palestinesi.

domenica 21 agosto 2016

Le dieci principali calunnie nei confronti di Israele

di Alan Baker*

Ogni giorno Israele è bersagliato da risoluzioni a senso unico, dichiarazioni di principio, "piani di pace" e raccomandazioni formulate da governi, organizzazioni internazionali, capi di stato e di governo, sedicenti esperti e soggetti di vario tipo della comunità internazionale.
La maggior parte di queste assunzioni, nei confronti dello stato ebraico, dei suoi leader, del governo di Gerusalemme, benché ampiamente condivise; si rivelano dopo rapida verifica false e/o erronee. È per questo motivo che oggi diventa inderogabile affrontarle una ad una, smascherando la mistificazione e la calunnia.


1) «Il ritiro dai territori di Giudea e Samaria garantirà ad Israele sicurezza e accettazione internazionale»: FALSO.

Prima della conquista di questi territori da parte di Israele dopo la guerra subita nel 1967, gli stati arabi commisero tutti gli sforzi per indebolire diplomaticamente e militarmente lo stato ebraico. I tentativi arabi e iraniani di confutare le radici ebraiche in Israele e a Gerusalemme, e la legittimità dello stato ebraico, ancora oggi risuonano nella comunità internazionale; con l'UNESCO che fa da cassa di risonanza.
I palestinesi nel frattempo sono impegnati a creare un loro stato su tutta la Palestina mandataria britannica, indottrinando i loro bambini in questo senso.

martedì 19 luglio 2016

Breaking the Silence ci casca di nuovo

Un'inchiesta condotta dal periodico israeliano "Hamakor" getta nuove ombre su Breaking the Silence, la ONG fondata nel 2004 e finanziata in larga prevalenza dall'Europa che si serve di testimonianze anonime per accusare il governo e le forze armate israeliane.
Ci sono stati sempre molti dubbi sulla credibilità delle accuse mosse da BtS, sempre fermamente respinti dalla ONG. Due giornalisti dell'emittente televisiva Channel 10, pur non nascondendo le loro personali simpatie per BtS, hanno rilevato serie carenze nelle modalità con cui sono condotte le indagini: su 100 testimonianze raccolte e pubblicate da BtS, 20 si sono rivelate palesemente false, 20 gonfiate e 40 non verificabili oggettivamente. Soltanto il 20% delle accuse si è rivelato appropriato; il restante 80% risultando calunnioso e diffamatorio.
Spesso le dichiarazioni fornite dai militari sono maldestramente modificate o tagliate nelle parti più rilevanti, in modo da mettere in cattiva luce l'esercito. Condotte censurabili da parte dell'IDF, costituenti casi isolati e denunciati alle autorità competenti, sono riproposte al pubblico in modo da farle apparire consuetudinarie.

giovedì 16 giugno 2016

La soluzione definitiva ai tunnel del terrore: un muro (sotterraneo)

Gerusalemme costruirà un muro in cemento al confine con la Striscia di Gaza, onde prevenire le sanguinose incursioni dei terroristi di Hamas in territorio israeliano. Onde prevenire le reprimende dei benpensanti, pacifisti con il corpo degli altri, i vertici militari dello stato ebraico precisano: il muro sarà invisibile, perché sotterraneo. Lo rivela il quotidiano Yediot Ahronot, secondo il quale la barriera difensiva sarà profonda diverse diecine di metri, e costerà poco più di due miliardi di dollari shekel.
La decisione segue a ruota la clamorosa rivelazione di ieri, secondo cui un alto esponente di Hamas si sarebbe consegnato alle autorità israeliane con moglie e figli al seguito; ma soprattutto, con una dettagliata mappa di tutte le gallerie scavate e in realizzazione da parte dell'organizzazione terroristica islamica che governa la Striscia di Gaza da quasi dieci anni. Da tempo i residenti nell'Israele meridionale denunciano insistenti rumori del sottosuolo, che lascerebbero intendere un'incessante attività poco distante dall'abitazione dei civili israeliani, e che ha cagionato finora la morte di oltre 160 bambini palestinesi: periti per soffocamento, o per il collasso di costruzioni precarie. Una tragedia denunciata soltanto da parte israeliana: tacciono le organizzazioni per i diritti umani. I dirigenti di Hamas e del Fatah sono nel frattempo riuniti nel Qatar per discutere di riappacificazione: dati i lutti cagionati fra la popolazione palestinese, hanno optato per una colazione di lavoro sobria ed essenziale.

mercoledì 15 giugno 2016

La bufala degli insediamenti ebraici che ostacolerebbero la pace in Medio Oriente

Da anni un tema ricorrente sulla stampa, consiste nel dipingere come un "ostacolo alla pace" l'attività edilizia israeliana presso le comunità ebraiche in Giudea e Samaria e nei quartieri periferici di Gerusalemme. Di recente il corrispondente della BBC per il Medio Oriente Jeremy Bowen ha commentato che «l'idea della soluzione dei due stati è in grave pericolo [...] a causa della colonizzazione dei territori occupati da parte degli israeliani; con gli insediamenti che crescono a ritmo forsennato».
Inoltre: «molti in questi giorni ritengono che a causa della crescita degli insediamenti- quelli israeliani sui territori occupati; illegalmente, secondo il diritto internazionale - sarà materialmente molto difficile per i palestinesi pervenire ad uno stato indipendente».
Chi legge è indotto a ritenere che ci sia stata di recente un'impennata dell'attività edilizia in Giudea e Samaria, e a concludere che mai negoziati di pace potranno essere condotti, fino a quando gli israeliani continueranno a costruire abitazioni in un luogo ove secondo la BBC ciò non sarebbe consentito. Il problema di queste posizioni ideologizzate è che celano una serie di fatti rilevanti, e decisivi per la formazione dell'opinione pubblica.

domenica 5 giugno 2016

A Gaza «la vita è bella»


«La vita a Gaza è bella. Siamo tutti felici. Gaza è sicura e non ci sono ne' oppressori, ne' oppressi».
Lo ha dichiarato venerdì non un sospettato di simpatie per l'hasbara, ne' un ministro oltranzista di Gerusalemme; bensì, nel corso di un sermone, addirittura il leader di Hamas Ismail Haniyeh. E poiché il consumo di alcool da queste parti è ufficialmente bandito, c'è da ritenere che credesse sinceramente in ciò che ha affermato.
Per cui delle due, una: o chi si lagna per le condizioni difficili in cui versano gli abitanti della Striscia di Gaza dispone di informazioni fasulle o quantomeno datate (la popolazione palestinese è tristemente ai primi posti al mondo per tasso di obesità, e di nuovi invitanti ristoranti se ne aprono a cadenza settimanale); o Haniyeh si è divertito a prendere biecamente per i fondelli la popolazione che vive sotto il regime terrorista da ormai dieci anni.
E infatti le reazioni non hanno tardato a manifestarsi; se "reazione" può definirsi una sommessa lamentela circolata in modo carsico in queste ore. Su Twitter un gruppo di oppositori al regime ha lanciato una campagna dall'hashtag #WhatIsWonderful?, sottolineando il profondo distacco fra il benessere vissuto e ostentato dal regime terrorista e da gerarchi e gerarchetti che orbitano attorno ad Hamas; e le condizioni non drammatiche ma certamente dure in cui tuttora versa la maggior parte della popolazione, nonostante le massicce donazioni finanziarie - oltre 16 miliardi di dollari, soltanto negli ultimi sette anni - giunte da Europa e Stati Uniti (e piovute sistematicamente nelle solite tasche).

venerdì 3 giugno 2016

Il BDS è stato un fallimento economico

di Sangwon Yoon*

Il fisico Stephen Hawking che annulla la partecipazione ad una conferenza a Gerusalemme dove avrebbe incontrato il presidente israeliano; la cantante Lauryn Hill che cancella un concerto previsto a Tel Aviv, e un fondo pensione olandese che include in una black list cinque banche dello stato ebraico. Tutte in apparenza prove che dimostrano il successo delle iniziative internazionali finalizzate ad isolare Israele.
Tuttavia, un esame dei flussi di investimento internazionali in entrata provano l'opposto: gli investimenti stranieri in Israele l'anno scorso hanno raggiunto un nuovo massimo storico a 285 miliardi di dollari. Il triplo rispetto al 2005, quando un gruppo di palestinesi fondò il movimento noto come "Boycott, Divestment and Sanctions" (BDS).
Il movimento include chi nega l'esistenza dello stato ebraico, al pari di chi pretende un cambiamento di politica nei confronti dei palestinesi in Giudea e Samaria, nonché nel West Bank. Ma anche l'obiettivo minimale di penalizzare le compagnie israeliane operanti nel West Bank ha conseguito risultati discutibili: negli ultimi tre anni il valore degli azionisti non residenti i nove fra banche e società israeliane quotate in borsa, è cresciuto vistosamente. «Non abbiamo un problema di investimenti stranieri in Israele; tutto il contrario», gongola in un'intervista Yoel Naveh, capo economista del Ministero della Finanze di Gerusalemme.

mercoledì 25 maggio 2016

Le reali cause del Riscaldamento Globale


No, non è Lercio. All'Università di Melbourne si è tenuto di recente un "suggestivo" convegno, destinato a stravolgere per sempre le origini e le cause del cosiddetto Global Warning. Scordiamoci le emissioni di anidride carbonica delle nostre auto e mettiamo da parte la cacca delle mucche. Il riscaldamento globale sarebbe prodotto dalla... islamofobia!
Sì: secondo Ghassan Hage, nientepopodimeno che docente di "Future Generation" all'Istituto di filosofia e antropologia di questa università australiana, l'islamofobia sarebbe oggi la principale forma di razzismo (dopotutto l'antisemitismo colpisce soltanto una quindicina di milioni di persone in tutto il pianeta). E fin qui, passi pure (ma anche no).
Ciò che lascia fra l'attonito e il divertito, è il nesso offerto: l'islamofobia cagionerebbe il riscaldamento globale per ben tre ragioni. Nelle parole dell'autore: «come intreccio di due crisi, metaforicamente connesse, con l'una essendo fonte di immagini per l'altra, ed entrambe avendo origine da forme coloniali di accumulazione capitalistica. Il dibattito propone un quarto modo con cui connettere i due fenomeni: un'argomentazione secondo cui entrambi discendono da un analogo modo di essere al mondo - una specie di invischiamento - in quella che genericamente viene descritta come "addomesticamento generalizzato"».

martedì 24 maggio 2016

Quegli episodi di antisemitismo da non minimizzare...

Un quindicenne romano, in visita a Milano, aggredito in quanto ebreo: indossava la kippah. Un simbolo di appartenenza giudicato inaccettabile dagli aggressori, che lo hanno prima apostrofato in modo dispregiativo («ebreo di merda»), salvo poi passare all'azione: mandando all'ospedale il malcapitato. Accade non lontano dal luogo in cui il 12 novembre scorso il rabbino Nathan Graff venne accoltellato e ferito seriamente da uno sconosciuto mai individuato. Succede questo, nell'Europa una volta illuminata, liberale e tollerante.
L'episodio non è eccezionale. Ieri una donna ebrea è stata accoltellata in un caffè nel quartiere ebraico di Amsterdam. Secondo testimoni oculari, l'aggressore si sarebbe dotato di un coltello presso un vicino supermercato, prima di sferrare il suo attacco. In questo caso, perlomeno, rimediando l'arresto.
E non è finita qui. A Montpellier un politico locale è sotto indagine, per aver contrassegnato il suo account Twitter «Vietato ai cani e agli ebrei». Djamel Boumaaz, musulmano, già iscritto al Fronte National, e di simpatie negazioniste; si è invano giustificato, sostenendo che il suo profilo sarebbe stato hackerato da sconosciuti che avrebbero postato l'affermazione antisemita.

mercoledì 11 maggio 2016

Cosa passa per la mente di un israelofobo?

di Steddyeddy*

Il BDS - acronimo di Boycott Divestment and Sanctions - è un movimento creato da un gruppo di esaltati sotto la guida di un qatariota del tutto spregevole e ripugnante dal nome di Omar Barghouti.
Spregevole, perché Omar Barghouti ha invocato il boicottaggio di Israele prima e durante la sua frequentazione dell'università di Tel Aviv, dove ha conseguito una laurea in filosofia; anziché completare gli studi in una università di Gaza, o del Qatar o di un altro stato arabo. Ma i principi del diritto e della democrazia si applicano a tutti in Israele; anche a coloro che ne invocano la distruzione. Immaginate se mai qualcuno lavorasse al boicottaggio del Qatar, dell'Arabia Saudita o degli Emirati, mentre fosse intento a frequentarne le università? bene che andasse, sarebbe incarcerato a vita; al peggio, sarebbe condannato a morte.
Ripugnante perché, da multimilionario, si gode la sua bella vita: o dal lussuoso appartamento che possiede a Tel Aviv (a proposito: ai palestinesi è vietato possiedere proprietà in quasi tutti gli stati musulmani) o da quello di Doha, mentre i palestinesi vivono con meno di 3000 dollari all'anno (eccezion fatta per coloro che hanno la fortuna di lavorare per aziende israeliane, e di godere di parità di trattamento retributivo rispetto ai lavoratori dello stato ebraico; ed ecco una ragione per cui gli odiatori di Israele insistono nel boicottaggio: ansimano di rendere disoccupati i lavoratori palestinesi mentre le aziende israeliane vanno avanti).

giovedì 5 maggio 2016

Ucciso attivista palestinese. La sua colpa: collaborava con gli israeliani

Baha Nabata, era un'attivista palestinese di 31 anni. Marito, e padre di due figli. È stato ucciso lunedì sera nel campo profughi di Shuafat, alla periferia di Gerusalemme, raggiunto da una pioggia di proiettili esplosa da sicari dileguatisi poi in sella ad una motocicletta.
La comunità locale piange una persona onesta, seria, e coraggiosa. Perché ha avuto l'ardire di tentare di migliorare le condizioni di vita degli ospiti del discusso campo profughi situato fra la periferia orientale della capitale israeliana, e il West Bank. Meir Margalit, ex consigliere del partito di estrema sinistra Meretz, e collaboratore di Baha Nabata, ha rivelato che l'attivista palestinese temeva per la sua vita, a causa delle numerose minacce subite: era accusato di tradimento, di collaborazionismo con il nemico. La sua colpa consisteva nei contatti che aveva istituito con la municipalità di Gerusalemme, con cui lavorava nel tentativo di risolvere i problemi del campo profughi, migliorando le condizioni di vita dei palestinesi ivi residenti: costruendo strade e via d'accesso, istituendo un pronto intervento sanitario e addestrando la popolazione a fronteggiare un'eventuale incendio, in collaborazione con i vigili del fuoco di Gerusalemme.

sabato 30 aprile 2016

Il test dell'antisemitismo

Abbiamo un problema. A cena, alla presentazione dell'ultimo libro di quell'autore tanto osannato, al concerto a teatro, al raduno degli appassionati di fotografia, alla lezione di tango argentino; purtroppo, per quanto ci si impegni, non si riuscirà ad evitare la presenza del(la) idiota che ci accuserà di essere antisemiti per qualche affermazione sfuggita via dopo il terzo mojito. E via a spiegare che, no, «io sono antisionista, non antisemita», che «dopotutto anche gli arabi sono semiti», che «ho amici fra gli ebrei, eppure...», che «alla base di tutti i problemi c'è il conflitto israelo-palestinese»: nonostante l'affannosa ricerca di una frase che riabiliti davanti agli occhi sconcertati degli amici, la sensazione di aver detto una cavolata persisterà.
Onde evitare di rinunciare alla propria vita sociale, e di essere espulsi dalle liste WhatsApp di tutto il mondo, sarà bene svolgere questo rapido test che chiarirà una volta per tutte la vostra reale natura.
Nel caso si risponda affermativamente ad almeno una dichiarazione, sì, siete antisemiti. Ma non c'è problema: il mondo è pieno di bastardi pronti a congratularvi con voi!

martedì 26 aprile 2016

La strage del Bataclan poteva essere evitata

Chi di boicottaggio ferisce, di boicottaggio perisce. Secondo una ricostruzione del Times of Israel, dopo gli attentati alla redazione di Charlie Hebdo e all'Hyper Cacher di gennaio 2015, lo stato ebraico avrebbe offerto la sua tecnologia di tracciamento dei terroristi a Parigi e Bruxelles, che avrebbero declinato l'offerta. Sconcertante la motivazione addotta: un'azienda privata israeliana, di cui si ignorano le generalità, avrebbe offerto ai servizi segreti francesi il suo raffinato software di tracking dei terroristi dello Stato Islamico; ma un funzionario di Parigi avrebbe sollevato le braccia, ammettendo che «la tecnologia Made in Israel non può essere acquistata».

martedì 19 aprile 2016

La barzelletta della "pulizia etnica" dei palestinesi

Una delle frodi dell'opinione pubblica più abitualmente perpetrate dai palestinisti, è rappresentata dalla conclamata "pulizia etnica" praticata dagli israeliani ai danni dei palestinesi. Come spesso accade, questa diffamazione è facilmente confutabile con i numeri; davanti ai quali gli spacciatori di patacche possono reagire o nascondendosi dietro la loro mediocrità; o rilanciando tesi ancora più assurde e strampalate, nel tentativo di tramortire il malcapitato osservatore all'oscuro dei fatti.
La menzogna della pulizia etnica nei territori palestinesi è facilmente sconfessabile ricorrendo alle statistiche:
- la popolazione palestinese nel West Bank è passata da 462.000 persone nel 1949 agli attuali 2,5 milioni di individui;
- a Gaza c'erano appena 82 mila palestinesi nel 1949. Oggi sono 1,75 milioni di individui;

È invece la popolazione ebraica a denunciare un sistematico ridimensionamento:

lunedì 18 aprile 2016

La questione pallestinese

La giornata della terra, il Nakba Day, il Naksa Day: sono iniziative concepite per rinvigorire il rivendicazionismo palestinista, stimolando la popolazione ad un'ostilità permanente con la retorica dell'"occupazione", e legittimando l'esistenza di costose strutture burocratiche sclerotizzate, inefficienti e corrotte. Ma di tanto in tanto si esagera con la retorica di grana grossa, scivolando nella banalità e nel paradosso. La questione palestinese si trasforma in divulgazione pallestinese; nel senso che le si spara talmente grosse, da suscitare nell'interlocutore una irrefrenabile risata.
È quanto si è letto ieri a proposito della "giornata del detenuto palestinese" (tranquilli: l'anno ne può contenere al massimo 366, di simili iniziative). Per l'occasione, un paio di agenzie palestinese hanno sfornato il dato aggiornato: dal 1967, sarebbero stati arrestati ben un milione di palestinesi. Il dato, seppur grottescamente inverosimile, è rimbalzato sui media internazionali, come sempre senza verifica preventiva.

venerdì 15 aprile 2016

La minaccia alla pace in Medio Oriente? qualche villaggio al confine fra Israele e territori palestinesi...

La vedete la mappa qui a destra? è stata proposta ieri sera su RaiTre, nell'ambito della trasmissione "L'Erba dei Vicini", sapientemente condotta da Beppe Severgnini.
Si discute dell'annosa questione dei territori contesi fra israeliani e arabi, e delle rivendicazioni palestinesi.
Una degli argomenti più triti e ritriti a proposito della questione israelo-palestinese, riguarda le "colonie" israeliane nel West Bank. Per i nemici dello stato ebraico, sarebbero un macigno che impedisce la nascita di uno stato palestinese, costituendo di conseguenza una «grave minaccia alla pace in Medio Oriente». Come se il caos in Libia, la guerra civile in Siria, il disordine in Iraq, le sommosse nello Yemen e la tensione in Egitto fossero bazzecole...
Ma a quanto ammontano questi territori contesi?
la mappa rivela una verità che per molti è risultata clamorosamente sconcertante: ben poco! I territori dell'area C - che gli Accordi di Oslo assegnano alla piena disponibilità di Gerusalemme, che ivi può anche costruire case, in attesa di accordi di pace definitivi; case che nel caso di passaggio ai palestinesi di questi territori, sarebbero smantellate come occorso nel 2005 a Gaza - su cui vivono le comunità israeliane che qui si sono insediate spontaneamente nei decenni; costituiscono poco più dell'1% (UN PERCENTO)!

giovedì 14 aprile 2016

L'ipocrisia della "risposta sproporzionata"

di Gavin Kadey*

Al termine dell'ultimo conflitto mondiale, le perdite fra gli americani furono considerevoli: circa 420.000 vittime, di cui dodici mila civili. Poco, in confronto alle vittime giapponesi: fra 2,6 e 3,2 milioni di persone. Ma questa è la guerra, e il fine giustifica i mezzi. Qualcuno ha mai denunciato la risposta sproporzionata degli americani?
Nel 1990 l'Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait e la coalizione guidata dagli Stati Uniti giunge in soccorso dei kuwaitiani. Restano per terra circa 28.000 iracheni, fra cui 3000 civili. La coalizione perde in tutto 500 anime. Qualcuno si spinse a denunciare la risposta sproporzionata del mondo libero?
Al termine della Guerra di Corea, gli americani persero 35.000 soldati; i coreani, nel complesso, più di un milione. C'è qualche libro di storia che punta il dito contro gli americani?
Durante la Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi persero 7 milioni e mezzo di vite, secondo le statistiche ufficiali; metà delle quali civili. Gli alleati nel complesso sacrificarono un milione di persone. Fu la loro azione sproporzionata? E sì che gli alleati deliberatamente colpirono le città e obiettivi civili, nel tentativo di porre fine quanto prima alle ostilità.

domenica 3 aprile 2016

Come potremmo vivere senza le messinscene di Pallywood?

Riecco la nostra adorata Shirley Temper! la quasi maggiorenne Ahed Tamimi, protagonista indiscussa delle produzioni di Pallywood tanto apprezzate dai media occidentali, ritorna con un nuovo video che siamo sicuri farà la felicità dei reporter giunti in massa a Nabi Saleh - dove risiede la famiglia Tamimi - per filmare "gli incidenti" spontanei manifestatisi. Pazienza che il costo di queste messinscene diventa sempre più esorbitante: il budget dei giornali europei se ne farà una ragione.
L'intento delle foto che oggi «faranno il giro del web» è chiaro: dimostrare la brutalità dell'esercito israeliano, che maltratta bambini e donne, una delle quali stramazza letteralmente al suolo per il dolore prodotto dalle "percosse" subite.
Il video che inopportunamente è disponibile a corredo delle immagini, mostra un nutrito gruppo, inclusivo di donne velate di nero e della nostra adorabile attrice, dirigersi baldanzosamente verso i gas lacrimogeni e la postazione dei militari; tutte dotate di telecamere e smartphone. Lo scopo come sempre è quello di catturare fotogrammi memorabili di una messinscena che produrrà tanti bei dollaroni.
Ad un certo punto una di queste donne si cimenta nel tentativo di mettere a dimora una pianticella da vivaio davanti alle telecamere e ai soldati, certa dell'effetto che indurrà. I soldati la invitano ad allontanarsi, e uno cerca di afferrarla. È a quel punto che le foto sono scattate.

giovedì 31 marzo 2016

Belgio: resoconto di un delirio antisemita

Per l'unità di crisi belga, Israele non esiste; perlomeno, non per l'operatore che ha risposto alla richiesta di informazioni di un volontario per conto di una associazione ebraica. Gli attentati di Bruxelles hanno mietuto 35 vittime e prodotto circa 300 feriti; fra questi, molti stranieri, e non pochi israeliani.
Ma se si dovesse contattare il numero verde appositamente istituito dalle autorità, chiedendo come organizzare il trasferimento delle salme in Israele, vi verrebbe risposto che ciò non è possibile, perché «Israele non esiste». In suo luogo, i corpi privi di vita sarebbe trasferiti in una "Palestina" avente la stessa legittimazione formale del sedicente "Stato Islamico", autore della strage del 22 marzo scorso.
Ecco il resoconto della conversazione telefonica avuta luogo di recente:

- «Buongiorno, mi chiamo XXX e sono un volontario per il comitato di coordinamento ebraico di Anversa. Siamo stati contattati da alcune persone, che chiedono come ottenere i corpi di due membri della comunità ebraica, colpiti dagli attacchi in aeroporto».
- «Sì».
- «I corpi sono pronti per essere riportati in Israele. I nostri volontari li stanno preparando, e si stanno occupando di tutto; ma abbiamo saputo dall'ospedale che abbiamo bisogno di una speciale documentazione da parte della polizia, per ottenere le dimissioni. Me lo conferma? a chi mi devo rivolgere? posso avere ulteriori informazioni?»
- «È vero. Adesso controllo. Dunque sono diretti in palestina...»

Facciamo cessare questa occupazione illegittima!

È passata ai più inosservata la recente decisione del Palazzo di Vetro di riconoscere le rivendicazioni argentine sulle Isole Falkland. La decisione di estendere di 150 miglia nautiche le acque territoriali di Buenos Aires, in modo da includere quelle che bagnano le isole contese, ha colto di sorpresa il governo locale, che ha chiesto immediate spiegazioni. Grazie alla scellerata decisione dell'ONU, l'Argentina riceve in dono complessivamente 1,7 milioni di chilometri quadrati di spazio marittimo.
Attendiamo ora le reazioni di Londra. In particolare ci si chiede:

mercoledì 30 marzo 2016

Ban Ki-Moon (ONU) si scusa per aver parlato di "occupazione"

La notizia ha del clamoroso: il segretario generale delle Nazioni Unite ha espresso il suo rincrescimento per aver parlato, a suo dire, impropriamente di "occupazione". Ma non con riferimento alla millenaria presenza ebraica in Giudea e Samaria, che il politicamente corretto ha da alcuni decenni ribattezzato in "West Bank" o - in Italia - Cisgiordania. Ne' tantomeno con riferimento al Papua Occidentale, occupato da più di cinquant'anni dall'Indonesia. Bensì con riferimento al Sahara Occidentale, occupato - questo sì, illegalmente - dal Marocco, con cui l'Unione Europea arriva persino a stringere accordi commerciali per lo sfruttamento delle risorse ittiche dei territori occupati. Niente etichette e nessuna tutela per i consumatori, in questo caso...
I fatti. All'inizio del mese una delegazione del Palazzo di Vetro si è recata in visita presso i campi profughi di saharawi in Algeria. Le condizioni di questi rifugiati beninteso interessando poco o punto a nessuno. Ma all'incauto Ban scappano alcune dichiarazioni di sostegno per la causa di questo popolo; e ciò scatena le proteste di piazza in Marocco, il cui governo arriva ad espellere il minuscolo contingente di Caschi Blu di stanza nel Sahara Occidentale in qualità di forza di interposizione. Una misura drammatica, che secondo il governo saharawa, in esilio ad Algeri, minaccia di far deflagrare un nuovo conflitto regionale.

mercoledì 23 marzo 2016

L'agenda del terrorismo islamico


di Sohrab Ahmari*

Il terrorismo islamico giovedì ha colpito al cuore l'Unione Europea. I jihadisti dell'ISIS hanno architettato tre esplosioni nella capitale belga: due all'aeroporto di Bruxelles e uno in una stazione della metropolitana. Più di trenta le vittime accertate. Ciò comprova come lo Stato Islamico sia una minaccia permanente e onnipresente della vita di tutti i giorni, e a tutte le latitudini.
Nei prossimi giorni le autorità politiche si confronteranno a tutti i livelli per rinfacciarsi i segnali non ascoltati, le falle nella sicurezza e l'incapacità palesata di integrare la comunità islamica belga. Nel frattempo sui social network prolifereranno i meme di attestazione di solidarietà: siamo tutti belgi.
Questo andazzo è diventato tristemente familiare. Queste risposte istintive, da un lato comprensibili, mancano di affrontare una dura realtà: non passa un singolo giorno senza che si registri un attentato suicida, un bombardamento, un attacco missilistico, un accoltellamento o un sequestro, di matrice islamica, in qualche parte del mondo.
Consideriamo soltanto gli ultimi dieci giorni:

venerdì 18 marzo 2016

Breaking the Silence nella bufera


Sta facendo scalpore in queste ore il documentario, andato in onda ieri sera sull'emittente televisiva israeliana Channel 2, con cui si denuncia l'attività illecita compiuta dall'ONG di estrema sinistra "Breaking the Silence" ai danni dall'esercito e in generale della sicurezza israeliani.
Il video, ripreso di nascosto, mostra l'attività condotta da esponenti di una associazione, infiltratisi sotto copertura negli ultimi tre anni nella ONG da tempo al centro delle polemiche per la presunta attività di spionaggio condotta, e celata dalla pretesa di rivelare gli "abusi" delle forze di sicurezza dello stato ebraico.
Si nota come gli attivisti di BdS interroghino ripetutamente presunti ex militari (in realtà agenti dell'associazione che ha denunciato la condotta della ONG in questione), chiedendo loro le modalità con cui i tunnel di Hamas vengono rinvenuti, quali forze si occupino di questa attività, e che tipo di strumenti viene impiegato: domande che poco o punto hanno a che fare con la missione ufficiale di Breaking the Silence. Forte è il sospetto di attività di spionaggio a favore del terrorismo palestinese e di tradimento dello stato ebraico.

mercoledì 16 marzo 2016

L'UE usa l'immunità diplomatica per occupare illegalmente Israele

Ambasciata degli Stati Uniti a Roma

Quello raffigurato in alto è Palazzo Margherita: è la sede dell'ambasciata americana in Italia. Si trova a Roma, in Via Veneto, e gode come noto del requisito dell'extraterritorialità: al pari di tutte le ambasciate e consolati del mondo, è di fatto territorio sottratto alla giurisdizione nazionale. In parole povere, è un pezzettino di Stati Uniti a Roma. Sono le consuetudini internazionali a renderlo tale: un principio universalmente accettato e rispettato.
Ora, Via Veneto è uno degli scorci più iconici della nostra capitale. Nessuno mette in dubbio la giurisdizione italiana su una strada che ha fatto la storia d'Italia. Tutti hanno il diritto di passeggiarvi sopra, di calpestarne il suolo, di sostarvi senza arrecare danno o nocumento ad alcuno; nel rispetto delle normative vigenti. Il piacere di sorseggiare un cappuccino in uno dei suoi bar è con pochi eguali.

Passeggiata in Via Veneto

Adesso, poniamo per un momento che gli americani si mettano in testa di sistemare alcune migliaia di profughi siriani, requisendo un ampio tratto di Via Veneto per costruirvi degli edifici più o meno provvisori. Escono dall'ambasciata, dotati di cemento, tubolari, mattoni e altri materiali da costruzione, con l'intento di edificare centri di accoglienza per rifugiati, abbattendo le costruzioni esistenti con le ruspe, e prendendo possesso per le proprie esigenze. Piazzando delle belle bandierine a stelle e strisce sulle costruzioni edificate. Alla prevedibile reazione indignata del governo, seguirebbe l'opposizione di una eccezione di immunità diplomatica da parte dei responsabili: insomma, «siamo diplomatici, non ci potete fermare, non potete farci niente. Continueremo a costruire capannoni e a piazzare prefabbricati sul vostro suolo, che diventerà nostro suolo». Una palese colonizzazione e occupazione illegale e illegittima.
Quale sarebbe la vostra reazione? Stupore? incredulità? rabbia? indignazione per la prevaricazione e l'abuso di potere subiti? bene, siete in ottima compagnia. Il Daily Mail ha pubblicato un dettagliato resoconto circa gli abusi perpetrati dall'Unione Europea nell'area C del West Bank: un'area che gli Accordi di Oslo, sottoscritti anche da Bruxelles, assegnano a Gerusalemme, in attesa che i negoziati fra palestinesi e israeliani ne sancisca la destinazione definitiva.

lunedì 14 marzo 2016

Come è dura la vita del terrorista...

...ogni giorno costretto a scegliere la vittima da colpire (mica tutti gli ebrei sono dotati di naso adunco, sapete!), a percorrere chilometri per raggiungere la sede dove agire, a chiedere il permesso per assentarsi al datore di lavoro - non di rado, sionista - a rinunciare agli ozi che la condizione perenne ed ereditaria di profugo gli attribuisce.
Diciamoci la verità: fare il terrorista non è tutta questa comodità. Ci sono incentivi e riconoscimenti sociali. Se ti va bene, un giorno ti intitoleranno una piazza, o una scuola. Ma se non ammazzi - e che diamine! - nemmeno un ebreo, che figura ci fai con il tuo clan? Vediamoli, allora, questi incentivi e deterrenti. Partiamo da questi ultimi:

1) vedrai distrutta la casa dove abiti (ma vedi più in basso);
2) di tanto in tanto un parlamentare israeliano si guadagna il gettone di presenza invocando a gran voce che ti sia revocata la cittadinanza israeliana, che tanti benefici ti garantisce. Ma poi sopraggiunge la Corte Suprema, sempre israeliana, che chiarisce l'inapplicabilità di questo principio;
3) tutto qui. Non ci sono altri disincentivi. Vediamo adesso gli aspetti a favore:

sabato 12 marzo 2016

Ecco chi sono gli sponsor della "questione palestinese"


«Israele deve porre fine alla colonizzazione della Palestina», ha tuonato il presidente indonesiano Joko Widodo dal vertice dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica (OCI) tenutosi a Jakarta alcuni giorni fa. Aggiungendo: «Israele deve interrompere immediatamente le sue attività e le politiche illegali nei territori occupati».
Un paio di precisazioni spicce: L'Indonesia, paese a maggioranza islamica, detta l'agenda ad uno stato sovrano, di cui però non riconosce l'esistenza. Poco male: è in "buona" compagnia, e il fatto che Jakarta abbia accolto l'invito dell'Autorità Palestinese ad indire un vertice sul tema dei Territori contesi e dello stato di Gerusalemme - definita artificiosamente "al-Quds al-Sharif" - la dice lunga.
L’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) dal 1969 si pone come obiettivo la distruzione di Israele e la conquista dell’Occidente. Costituita da 56 paesi musulmani o a maggioranza musulmana, l’OCI è una emanazione della confraternita politico-religiosa dei Fratelli Musulmani. Come rileva Bat Ye'Or nel suo "Califfato Universale", l’OCI propone di rivedere in Occidente i manuali educativi a tutti i livelli, riconoscendo «l’immenso contributo» della cultura e della civiltà islamica, e conseguentemente minimizzando e cancellando la storia e la cultura europee.
Il 27 marzo 2008 l’OCI è riuscita a far votare dal Consiglio dei diritti umani una risoluzione che sottomette la libertà di espressione al rispetto delle religioni e dei credi, e sottrae le leggi della sharia a qualsiasi critica. Vi si afferma che la lotta al terrorismo rappresenta un fattore aggravante di discriminazione contro le minoranze musulmane.

venerdì 11 marzo 2016

Ma quanto è piccola la "piccola" Ahed Tamimi?

L'industria della propaganda e della contraffazione della verità palestinese (la cosiddetta "Pallywood") si serve estensivamente e senza scrupoli di adolescenti: soggetti minorenni pienamente maturi, addestrati all'odio e al disprezzo, dalla lacrima facile e dalla capacità di persuadere facilmente l'opinione pubblica occidentale, impreparata e indifesa nel cogliere la mistificazione prodotta dai fabbricanti d'odio.
In questo settore, la famiglia Tamimi vanta una tradizione pluriennale. Grazie alla pronta disponibilità dei media occidentali, che immediatamente mandano una troupe nei territori palestinesi quando allertati circa l'imminenza di "incidenti spontanei", i Tamimi hanno costruito una vera e propria casa di produzione, particolarmente lucrosa e fonte di prestigio e notorietà. Premi e inviti internazionali non sono mancanti, nel tempo.
Stella di questa famiglia di circensi mediatici è la "piccola" Ahed Tamimi, dai lineamenti graziosi al punto da essere stata definita tempo addietro la "Shirley Temper" palestinese. Una formidabile macchina di creazione di consenso, grazie anche alla sua giovane età. Ma, a proposito: quanti anni ha la piccola Ahed?

mercoledì 9 marzo 2016

Bernie Sanders, l'ebreo che odia Israele


In risposta ad un militante che gli rinfacciava la scarsa enfasi posta sulle sue origini, il rivale della signora Clinton nella corsa alla nomination democratica per la Casa Bianca ha fermamente ribattuto: «sono estremamente orgoglioso di essere ebreo. La famiglia di mio padre è stata spazzata va durante l'Olocausto, e sono perfettamente cosciente dei pericoli dell'estremismo politico». Una dichiarazione perentoria che ha tranquillizzato i simpatizzanti convenuti domenica nel Michigan.
Ma Sanders assomiglia vagamente a quei politici nostrani, sempre pronti ad indossare la casacca della città dove sono ospitati per la campagna elettorale. Ventiquattr'ore dopo la sua appassionata rivendicazione delle proprie radici, l'anziano senatore del Vermont, in visita a Dearborn, sempre nel Michigan, ha precisato: «da decenni in Medio Oriente imperano odio e ostilità. Vi assicuro che farò tutto quanto sarà in mio potere per indurre le parti - israeliani e palestinesi; il resto del Medio Oriente essendo notoriamente luogo pacifico e al riparo da estremismi, faide, lotte fratricide e decimazioni delle minoranze, NdR - a discutere. Sposando le tesi di Jimmy Carter, Sanders ha lamentato un trattamento delle parti a suo dire iniquo; lasciando intendere che il trattamento di presunto favore riconosciuto ad Israele sarà rivisto in futuro, se egli siederà alla Casa Bianca. E lasciando intendere che la responsabilità dello stallo è tutta da far ricadere sulle spalle dello stato ebraico.

martedì 8 marzo 2016

È in Israele la torre solare più grande del mondo

L'israeliana Megalim Solar Power sta realizzando nel deserto del Negev, quella che a fine 2017 dovrebbe risultare la torre solare più alta della Terra. Con la sua altezza di 240 metri, la torre solare produrrà fino a 121 MW di energia elettrica all'anno, fornendo l'1% del fabbisogno energetico di Israele. Lo stato ebraico è attivamente impegnato nelle fonti alternative e rinnovabili di energia, che entro il 2020 copriranno un decimo del fabbisogno nazionale.
L'impianto in costruzione si differenzia dai comuni impianti fotovoltaici per via degli enormi specchi - fino a 50.000, secondo il progetto; collegati in modalità WiFi - che concentrano l'energia solare, e che richiedono ampi spazi perlopiù deserti. L'Israele meridionale si presta benissimo allo scopo.

mercoledì 2 marzo 2016

L'influenza sta per essere debellata?


L'influenza, di qualunque tipo e minacciosità, sta per essere debellata. È questa la speranza che sorge all'indomani del deposito del brevetto di un promettente vaccino da parte di una compagnia israeliana, la BiondVax, fondata e diretta dal dottor Ron Babecoff. L'azienda, situata non distante da Tel Aviv, sta completando il secondo dei tre stadi previsti per l'autorizzazione alla commercializzazione del farmaco, e ha recentemente annunciato che l'agenzia governativa NATI (National Authority for Technological Innovation) finanzierà fino al 40% dell'investimento da quasi un milione di dollari, pianificato per portare a termine lo sviluppo del vaccino anti-influenzale.

martedì 1 marzo 2016

L'esecuzione di Mahmoud Ishtiwi spacca Hamas e divide Gaza


Sta facendo scalpore l'assassinio di Mahmoud Ishtiwi, esponente di spicco delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas; l'organizzazione terroristica che governa la Striscia di Gaza. Ishtiwi, 34 anni, proveniva da una famiglia nota nell'enclave palestinese per aver concesso ospitalità a pericolosi terroristi, ed era a capo di una milizia di mille uomini durante la guerra di Gaza del 2014. Ma ciò non gli ha risparmiato la vita: è stato ucciso, dai suoi stessi compagni, lo scorso mese. Freddato con tre colpi di arma da fuoco al petto.
Cosa ha commesso di così oltraggioso Ishtiwi? turpitudine morale, è la versione ufficiale. Insomma, Ishtiwi aveva la colpa grave di essere omosessuale. Un orientamento che nella Striscia di Gaza si paga caro: come ha appreso sulla sua pelle il nostro povero Vittorio Arrigoni; sequestrato, torturato e ucciso a Gaza da terroristi palestinesi salafiti.
Non che le esecuzioni di Hamas facciano notizia. Basta ben poco, da queste parti, talvolta anche un semplice sospetto; per essere passato per le armi. La novità è costituita dal fatto che se ne parli pubblicamente, in questi giorni, malgrado l'esecuzione sia stata annunciata lo scorso 7 febbraio. Nei taxi, nei caffè, nei ristoranti, nei centri commerciali, si discute sommessamente della condanna a morte impartita ad un soggetto che per quasi metà della sua esistenza ha servito a suo modo con lealtà e abnegazione la causa dell'estremismo islamico palestinese.

domenica 28 febbraio 2016

Le torture e gli abusi dell'Autorità Palestinese (finanziati da noi)


di Khaled Abu Toameh*

I palestinesi che incoraggiano la violenza ai danni degli israeliani sono chiamati "leader palestinesi". I palestinesi che si trovano a dissentire sulla condotta del presidente Mahmoud Abbas o dei suoi seguaci, sono definiti criminali, e possono confidare di subire un interrogatorio o una detenzione.
La leadership palestinese ha sempre represso il dissenso, che sia partito dai giornalisti, dai commentatori, dal mondo universitario, dagli attivisti dei diritti umani o dalla classe politica. In questo, i presidente e la stessa ANP non appaiono dissimili dagli altri dittatori che governano il mondo arabo.
Come le famose scimmie giapponesi che non vedono, non sentono e non parlando, i media internazionali sono noti per chiudere un occhio sui palesi abusi dell'Autorità palestinese. Ma per essi c'è una novità: è sufficiente ora mostrare di non apprezzare Abbas per rischiare l'arresto o un interrogatorio, con l'accusa di «ingiurie a Sua Eccellenza».
È il caso, ad esempio, del professor Abdul Sattar Qassem, che insegna Scienze Politiche all'Università di Nablus. Qassem, da tempo oppositore di Abbas e critico nei confronti degli Accordi di Oslo, è stato arrestato la scorsa settimana dalle forze di sicurezza palestinesi con l'accusa di "incitamento", sulla scia di un'intervista televisiva in cui rivelava che chi collabora con Israele va incontro alla pena capitale, secondo la "Legge Rivoluzionaria" dell'OLP. La leadership palestinese ha considerato questa esternazione "incitamento" ai danni del presidente Abbas.

venerdì 19 febbraio 2016

I palestinesi hanno abortito il processo di pace

In un curioso annuncio del "ministro degli Esteri" dell'autorità palestinese Riyad Malki, reso ad una conferenza stampa a Tokyo il 15 febbraio scorso, nell'ambito di una visita di Mahmoud Abbas in Giappone; Malki ha affermato, stando a quanto riportato da Times of Israel, che «non torneremo più indietro per sederci al tavolo dei negoziati diretti fra israeliani e palestinesi».
Molti dipingerebbero questa affermazione come ennesimo esempio della solita propaganda ed arroganza palestinese, nel momento in cui il mondo è in una certa misura stanco di assistere a questi continui tira e molla dei palestinesi, nel tentativo di orientar l'opinione pubblica globale a proprio favore.
Ciò appare evidente quando, al contempo, la leadership palestinese si mostra categoricamente indisposta a ritornare al tavolo dei negoziati, preferendo prodigarsi nello sforzo di aggirare il processo negoziale.
In aggiunta, la leadership palestinese continua sfacciatamente e ad un certo punto anche orgogliosamente a sostenere e incoraggiare la campagna delegittimatoria del BDS contro Israele nei campi commerciali e culturali, impegnandosi in un incitamento quotidiano che produce violenza e morte di ebrei ed israeliani.

lunedì 1 febbraio 2016

L'orrore delle carceri palestinesi

Una coraggiosa organizzazione per i diritti umani (ICHR) ha reso noto e denunciato le torture e i crimini perpetrati nei centri di detenzione palestinesi del West Bank e della Striscia di Gaza; da parte rispettivamente della polizia dell'ANP di Abu Mazen e dalle milizie di Hamas.
Per essere "ospitati" dalle carceri palestinesi non è necessario subire un regolare processo; talvolta non occorre nemmeno la flagranza di reato (è reato per esempio sottoscrivere liberamente un regolare contratto di compravendita di un terreno, la cui controparte sia israeliana). Basta il semplice sospetto: una scheda telefonica israeliana, la soffiata di un vicino rancoroso; magari il ritratto del premio Nobel per la Pace Shimon Peres.
Il sarcasmo però è fuori luogo, perché i sospettati sono sottoposto ad un brutale e disumano trattamento, come rivelano le immagini fatte circolare dalla palestinese ICHR: i malcapitati sono percossi a colpi di frusta, vengono appesi per le mani, previamente disposte dietro il corpo, per giorno sono privati del sonno e subiscono torture nei punti più delicati del corpo.

domenica 31 gennaio 2016

La Francia minaccia Israele: e allora?

La Francia non sarebbe ne' il primo stato europeo, ne' il primo membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU a riconoscere lo stato palestinese. Quest vuol dire che Israele può ignorare l'ultimatum di Fabius?

di Raphael Ahren*

Ci sono due modi per valutare la minaccia francese di riconoscere unilateralmente uno stato palestinese se lo stallo nel processo di pace dovesse persistere. Più avanti ci soffermeremo sulla versione per cui ciò costituirebbe una seria minaccia per Israele. Diciamo subito che c'è chi non è sufficientemente intimorito dall'ultimatum di Parigi da rispondere: «e allora?». Parigi è libera di convocare una conferenza internazionale che cerchi di superare lo stallo, inducendo ambo le parti a reciproche concessioni, affinché si pervenga ad una pace definitiva. Ma dal momento che questo scenario appare improbabile, per non dire irrealistico; la Francia potrebbe andare avanti e dichiarare l'esistenza di uno "stato di Palestina". Questa mossa sarebbe condannata da Gerusalemme come scellerata nel conseguimento di una pace, mentre sarebbe celebrata a Ramallah come una grande vittoria. Ma dichiarazioni e riconoscimenti non muterebbero la situazione sul campo.

sabato 30 gennaio 2016

Con amici così, chi ha bisogno di nemici?


Nel giorno della commemorazione dell'Olocausto, ha fatto notizia la visita del presidente Obama all'ambasciata israeliana a Washington. Obama ha riconosciuto l'avanzata globale dell'antisemitismo e ha dichiarato solenne: «siamo tutti ebrei». Una dichiarazione forte, importante, che di solito si pronuncia dopo una carneficina; come fummo tutti americani dopo l'11 settembre, o tutti francesi dopo l'attentato a Charlie Hebdo.
Peccato che alle dichiarazioni di principio, seguano fatti che vadano in direzione opposta. Due episodi sono rivelatori dell'atteggiamento ipocrita delle autorità, pronte a compiangere gli ebrei morti, e al contempo ad ignorare la minaccia arrecata a quelli vivi.
Ieri mattina è stato rivelato un programma segreto di monitoraggio dell'attività dei droni israeliani da parte dei servizi segreti britannici ed americani. L'intrusione non autorizzata nell'architettura informatica degli aerei senza pilota di Gerusalemme, veniva condotta dalle basi militari a Cipro, e puntava a conoscere anzitempo le operazioni militari a Gaza, i propositi di attacco all'Iran, e a sorvegliare una tecnologia abbastanza raffinata da essere esportata nel resto del mondo.
Il governo di Gerusalemme si è dichiarato «amareggiato ma non sorpreso». Sono cose che si fanno, fra governi amici. Il monitoraggio delle attività militari di uno stato sovrano è sempre esistito, indigna ma non costituisce uno scoop.

mercoledì 27 gennaio 2016

È di nuovo scontro fra Bruxelles e Gerusalemme


È di nuovo scontro fra Israele e l'Unione Europea. La contesa verte all'apparenza su una questione di poco conto: una strada sconnessa e poco praticabile di circa quattro chilometri, che corre alla periferia di un villaggio nei pressi di Betlemme, nel West Bank. Ma su questa strada si scontra una differente concezione del Diritto internazionale.
L'Unione Europea sta finanziando la realizzazione di strade ed edifici nel West Bank, nel lodevole tentativo di dotare i palestinesi di efficienti infrastrutture, nel momento in cui dovessero essere conseguite le condizioni per la proclamazione di uno stato indipendente. Sfortunatamente, numerose iniziative di questo tipo sono platealmente realizzate nell'area C: quella che gli Accordi di Oslo, sottoscritti in Norvegia fra israeliani e palestinesi con il patrocinio della stessa Unione Europea, assegna alla piena giurisdizione di Gerusalemme. Israele dunque ha il diritto - e, secondo il diritto internazionale, anche e soprattutto il dovere - di garantire sicurezza e ordine pubblico in questa area, e di amministrarla al meglio.
Ciò include la facoltà di concedere licenze edilizie. Non essendoci uno stato a cui sono riconducibili queste aree, qualunque soggetto - sia esso privato, pubblico o sovranazionale - che desideri piantare anche soltanto una tenda, deve ottenere il preventivo benestare di Gerusalemme. Altrimenti, compie un illecito amministrativo, e viola il diritto internazionale sancito nel 1993, e ratificato a Parigi nel 1995.

martedì 26 gennaio 2016

Negazionismi

«L'assassinio di Shlomit Krigman e il ferimento di un'altra donna, lunedì, a Beit Horon; avrebbe potuto essere evitato se Israele disponesse di una barriera difensiva più efficace. Che barriera è quella che può essere scavalcata o aggirata? non abbiamo bisogno di una barriera per le capre: ci serve un muro di separazione che impedisca l'ingresso dei terroristi».
L'ha affermato non Naftali Bennet, adorato dai coloni israeliani; non Avingdor Lieberman, il "falco" del Likud scaricato da Netanyahu proprio per le sue posizioni intrasingente. L'ha dichiarato oggi il leader dell'opposizione israeliana, il pacioso Isaac Herzog, tanto amato dalle cancellerie europee, e sponsorizzato massicciamente dalla Casa Bianca prima del fiasco subito alle ultime elezioni di Gerusalemme.
Herzog è andato oltre: negando il suo pedigree di ebreo buono, pronto a donare tutto in cambio di nulla, ha aggiunto che la barriera dovrebbe essere completamente elettrificata. E se il governo non interverrà in tal senso, vuol dire che è molle, ha chiosato.