giovedì 23 luglio 2015

L'UE si oppone alla demolizione dell'insediamento illegale di Susya


Khirbet Susiya (Susya), originariamente antico villaggio ebraico a sud delle montagne della Giudea, sede di una antica sinagoga; è oggi situato nella zona C del West Bank, che gli Accordi di Oslo sottoscritti nel 1993 fra israeliani e palestinesi assegnano alla piena giurisdizione di Gerusalemme. Che è pertanto responsabile della pubblica sicurezza e dell'amministrazione civile; che include la possibilità di edificarvi, in virtù delle esigenze della popolazione.
Susya ospita oggi circa 1000 individui: 250 palestinesi e circa 750 coloni ebraici, ivi insediativisi nel 1983. Nel tempo parte del villaggio ha conosciuto un'espansione caotica ed incontrollata, a causa della componente araba della popolazione che ha edificato senza disporre dei necessari permessi. Il governo israeliano ha disposto la demolizione delle costruzioni abusive, malgrado l'opposizione di diversi governi, fra cui quelli di Stati Uniti ed Unione Europea; e il trasferimento della popolazione nell'insediamento di Yatta, vicino Hebron. Il mese scorso una delegazione europea ha visitato Susya, accompagnata dal capo del governo di Ramallah.
Un appello alla Corte di Giustizia di Gerusalemme è stato respinto: la suprema corte ha dato via libera alle ruspe, rilevando come le abitazioni realizzate siano prive dei minimi requisiti di abitabilità, prive di allacciamento alla rete idrica e fognaria, e minacciose per il locale sito archeologico.
Non meraviglia che Stati Uniti e UE premano affinché Gerusalemme desista dal proposito di smantellare le edificazioni - una politica che riguarda anche gli insediamenti ebraici, laddove non autorizzati - che contravvengono alla normativa edilizia e al diritto internazionale: come annota il quotidiano Times of Israel, i pannelli solari impiegati per generare elettricità sono stati donati dalla Germania, i sistemi di depurazione idrica provengono dall'Italia, e il progetto edilizio è stato finanziato dal Regno Unito. Nel complesso 22 delle 37 costruzioni di cui è prevista la demolizione sono state pagate con il denaro dei contribuenti europei.
In prima linea, contro la demolizione delle costruzioni illegali, si schierano le principali ONG tradizionalmente ostili ad Israele: Rabbini per i Diritti Umani, che hanno promosso il ricorso alla Corte di Giustizia; B'Tselem e Breaking the Silence.

Fa strano che l'Europa, che si agita tanto affinché siano calpestati la lettera e lo spirito degli Accordi di Oslo da essa stessa sottoscritti solennemente ventidue anni fa; chiuda un occhio e mezzo di fronte ad occupazioni ben più censurabili sul piano del diritto internazionale. Come rileva Commentary, l'UE sovvenziona il Marocco affinché tragga vantaggio dall'occupazione illegittima del Sahara Occidentale. Parte del pesce che giunge sulle nostre tavole proviene dalle risorse usurpate dal Marocco, con il beneplacito di Bruxellex, che si guarda bene dal praticare qualunque forma di boicottaggio. L'equivalente locale dell'OLP, il Frente Polisario, ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia Europea, contro l'accordo commerciale sottoscritto fra Marocco e UE, che difende a spada tratta l'intesa commerciale. Se la signora Gabanelli non fosse in ferie, potrebbe denunciare questo ripugnante raggiro ai danni dei consumatori europei.
Non sorprende questo clamoroso doppiopesismo, da parte di un'Europa che prevede un esplicito programma di finanziamento della "Repubblica Turca di Cipro del Nord"; uno stato fantoccio, frutto dell'occupazione ultraquarantennale da parte della Turchia di una porzione di quello che tutt'oggi ci risulta sia stato membro dell'Unione Europea. I coloni turchi, qui spostati forzatamente dal governo di Ankara in spregio ancora una volta alle norme del diritto internazionale che regolano l'occupazione di territorio straniero, possono accedere ai benefici finanziari degli accorsi sottoscritti fra Bruxelles e la Turchia. Naturalmente, ai coloni ebraici, che nel West Bank si sono spontaneamente trasferiti per motivazioni ideologiche e religiose, è prevenuto l'accesso a qualunque forma di supporto finanziario, anche se ciò possa andare a beneficio della popolazione palestinese; e all'opposto conoscono una ostilità sempre più accentuata.

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