martedì 31 marzo 2015

Migliaia di israeliani hanno subito attentati terroristici nel 2014

La convinzione, sostenuta dalla schiacciante maggioranza degli ebrei britannici, secondo cui la copertura dei media dei fatti di Israele alimenti l'antisemitismo, è in buona parte basata sulle modalità con cui i titoli dei giornali, le immagini proposte e gli articoli pubblicati relativi alle vittime palestinesi, imputino in malafede una responsabilità ad Israele, mancando di documentare i fatti con equilibrio e senza fornire il necessario contesto di riferimento.
Un articolo del 27 marzo, apparso sul Guardian a firma di Mairav Zonszein (che collabora con il sito di estrema sinistra "+972") fornisce un chiaro esempio di questa macroscopica carenza giornalistica.

Oltre al titolo fuorviante, il testo dell'articolo non fornisce alcun contesto alle circostanze che avrebbero prodotto le circa 2000 morti fra i palestinesi. Zonszein scrive: «Stando ad un rapporto delle Nazioni Unite, Israele ha ucciso più palestinesi civili nel 2014 che in qualunque altro anno da quando è iniziata l'occupazione del West Bank e della Striscia di Gaza nel 1967.
Le attività di Israele nella Striscia di Gaza, nel West Bank e a Gerusalemme Est hanno comportato la morte di 2314 palestinesi e il ferimento di 17.125 persone: un dato che si confronta con le 39 morti e i 3964 feriti del 2013, stando al rapporto annuale dell'UN Office for the Co-ordination of Humanitarian Affairs (OCHA).
La guerra di Gaza dello scorso luglio-agosto è diretta responsabile del drammatico incremento dei decessi. Ha comportato il decesso di 2200 gazawi, dei quali 1492 erano civili, 605 militanti e 123 non identificati.
Più di 11000 persone sono rimaste ferite e 500000 palestinesi sono stati sfollati al culmine del conflitto; allo stato attuale, circa 100000 palestinesi restano in questa condizione».

domenica 29 marzo 2015

La dura vita dei capi palestinesi

A Gaza gli affari vanno benone per ristoranti e alberghi di lusso. La stagione estiva si intravede in lontananza, ma non manca il "turismo congressuale" e d'affari. Un sito palestinese ci informa, senza lesinare nei particolari, che il primo ministro dell'AP Rami Hamdallah si è intrattenuto nel fine settimana presso il famoso Movenpick Al Mashtal Hotel; rinomato cinque stelle di Gaza. Il "capo del governo" di Ramallah era accompagnato con tutto il suo entourage, e ha occupato ben 40 camere della struttura extralusso.
Secondo Elder of Ziyon la spesa sostenuta ammonta a non meno di 70.000 dollari, partendo da una tariffa media di 500 dollari a camera, e di 1400 dollari per la suite. Aggiungendo 20.000 dollari di vitto e 10.000 dollari per gli spostamenti, il fine settimana è costato alle casse dell'Autorità Palestinese non meno di 100.000 dollari, escludendo eventuali spese per "coperte" e altri oneri accessori.

martedì 24 marzo 2015

Acquedotto Pugliese: non da' da bere, ma da mangiare (e fa politica)

Apprendiamo dalle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno che l'Acquedotto Pugliese (AQP), società idrica partecipata al 100% dalla Regione Puglia, è in procinto di costruire un acquedotto di 7 chilometri in località Beit Ula, per «l’approvvigionamento idrico di 4.200 abitanti, attualmente sprovvisti di rete idrica». Nobile proposito, se non fosse che la cittadina in questione non si trova in Puglia ne' tantomeno in Italia; bensì in provincia di Hebron, nel West Bank, territori sottoposti all'amministrazione dell'Autorità Palestinese del corrotto Abu Mazen.
Non è ben chiaro se questo progetto sia finanziato direttamente dall'AQP, o dall'ente controllante; ne' l'entità dell'investimento previsto. Sfumature, formalismi, recriminazioni ragioneristiche, dal momento che la cassa esangue è rimpinguata in ogni caso dai contribuenti pugliesi. Ciò non ha rimosso il sorriso radioso di Nicola Costantino, amministratore unico della società idrica, volato in "Palestina", come riferisce l'estensore dell'articolo, assieme all'immancabile nutrita delegazione di politici.

domenica 22 marzo 2015

Israele: smontata la calunnia dell'acqua

Le Organizzazioni non governative (ONG) hanno incrementato la strumentalizzazione del problema dell'acqua nell'offensiva politica nei confronti di Israele. Si va dalle false accuse di «discriminazione» e di «sottrarre acqua», alle pressioni nei confronti di società internazionali affinché boicottino la compagnia israeliana idrica, la Mekerot; per giungere alla spudorata distorsioni degli accordi sottoscritti fra israeliani e palestinesi.
A seguito di queste campagne diffamatorie, la compagnia idrica olandese Vitens ha cancellato l'accordo di collaborazione pianificato con Mekerot; l'italiana Acea è stata indotta a fare altrettanto, e analoghe campagne hanno visto la luce nel Regno Unito e in Argentina.

Le questione e le dispute legate ai diritti sull'acqua non sono definite dai confini internazionali tracciati su una mappa. Una stretta collaborazione e cooperazione fra le parti è prescritta affinché i problemi siano risolti in modo creati e costruttivo, onde l'accesso ad acque pulite e sicure sia garantito in modo paritario e ottimale. Inoltre, la complessità e la centralità della questione delle acque nel conflitto arabo-israeliano sono esasperate dalla scarsità della medesima a livello locale. Infatti, in queso ambito è stato istituito un "Comitato Congiunto per l'acqua" israelo-palestinese" (JWC), allo scopo di «gestire tutte le problematiche relative all'acqua potabile e alle acque sporche nel West Bank». Il processo decisionale alla base del JWC è di tipo «consensuale, inclusa la pianificazione, le procedute e le altre problematiche». Analogamente, un principio cardine del Trattato di Pace fra Israele e Giordania del 1994 prevede che «la cooperazione nelle problematiche relative alle acque vada a beneficio di ambo le parti, e contribuirà ad alleviare la scarsità di acqua».

mercoledì 18 marzo 2015

Il ruolo dell'Autorità Palestinese nel successo di Netanyahu

di Alan M. Dershowitz*

Chi in questo momento è contrariato per l'affermazione elettorale del primo ministro Benjamin Netanyahu su Campo Sionista, dovrebbe attribuire buona parte del merito della svolta a destra di Israele ai legittimi responsabili: l'Autorità Palestinese (AP).
Israele ha offerto ai palestinesi almeno due volte, negli ultimi quindici anni, straordinarie condizioni per pervenire alla soluzione dei "due stati". La prima volta nel 2000-2001, quando Ehud Barack e Bill Clinton offrirono ai palestinesi più del 90% del West Bank e l'intera Striscia di Gaza, con Gerusalemme capitale (dello stato palestinese, NdT). Yasser Arafat response l'offerta e avviò la Seconda Intifada, che provocò 4000 vittime. Questa ferita autoinflitta dal capo dell'AP contribuì in modo significativo all'indebolimento dello schieramento pacifista israeliano, e in modo particolare del Labor Party di Barak. La coalizione che ha sfidato il Likud, emanazione di questo Labor Party, ha continuato a soffrire di questa sindrome.
Di nuovo nel 2007. Ehud Olmer offrì ai palestinesi una soluzione ancora più generosa, alla quale Mahmoud Abbas fallì nel corrispondere. Questa debacle contribuì ancora di più all'indebolimento dello schieramento progressista in Israele, e al rafforzamento della Destra.

martedì 17 marzo 2015

Quando il Marocco esibiva la Stella di David...

I primi ebrei del Marocco sono emigrati in quest'area dopo la distruzione del Primo Tempio di Gerusalemme, insediandosi fra i berberi. Più tardi furono raggiunti da una seconda ondata migratoria dalla penisola iberica nel periodo immediatamente precedente e successivo al Decreto dell'Alhambra del 1492, con il quale gli ebrei furono espulsi dal regno di Spagna e Portogallo. Questa seconda ondata incise profondamente sull'identità ebraica, fino a quel momento collegata al rito sefardita andaluso, mentre da quel momento in poi gli ebrei del Marocco aderirono perlopiù al rito sefardita.
Nel corso degli anni '40, la popolazione ebraica marocchina raggiunse le 250.000 unità. Oggi esiste ancora una vibrante comunità ebraica di circa 2000-2500 persone, mentre in Israele gli ebrei di origine marocchina rappresentano il secondo ceppo più popoloso, con circa 1 milione di persone; tuttavia rappresentano soltanto la terza più corposa diaspora marocchina dopo Francia e Spagna. Gli ebrei marocchini e i loro discendenti sono insediati oggi in Francia, in Spagna, in Israele, in Canada, negli Stati Uniti e in Venezuela.

sabato 14 marzo 2015

Hamas prepara febbrilmente la prossima guerra di Gaza

Fra tre giorni in Israele la parola tornerà agli elettori. La Knesset è stata sciolta prima della sua scadenza naturale, e la coalizione di governo, guidata da Bibi Netanyahu, rischia di non essere rinnovata per un ulteriore mandato. Allo schieramento guidato dal Likud, artefice di un boom economico, si riconosce di aver garantito una maggiore sicurezza rispetto ai governi di sinistra, ma si rimproverà una disattenzione nel promuovere la redistribuzione delle risorse generate dalla tumultuosa espansione economica degli ultimi anni.
Una consistente fetta dell'elettorato risulta così attirata dai richiami della coalizione di centrosinistra capeggiata da Herzog e da Tzipi Livni: la cui piattaforma elettorale non demonizza Hamas, malgrado gli attacchi subiti dallo stato ebraico la scorsa estate. Insomma, in nome di una maggiore "equità sociale", non pochi elettori in Israele sarebbero disposti a sottoscrivere patti con il diavolo; anche se ciò si tradurrebbe in una minore sicurezza; e potenzialmente in un rischio esistenziale. Ma cosa ne pensa Hamas?

giovedì 5 marzo 2015

I palestinesi confidano nei (datori di lavoro) israeliani

Il checkpoint di Huwwar, al confine fra Israele e Nablus.
Un sondaggio condotto dalla Palestinian Central Bureau of Statistics (PCBS) fra ottobre e dicembre, con il contributo finanziario dell'Unione Europea, rivela che i lavoratori palestinesi impiegati nei territori sotto il controllo di Israele, percepiscono una retribuzione pari al doppio rispetto a quella versata ai lavoratori impegnati nel West Bank sotto il controllo dell'Autorità Palestinese.
Nelle aree controllate da Israele, la paga media giornaliera per i lavoratori palestinesi si attesta a 194.2 shekel (pari a 44 euro, NdT), mentre per i lavoratori nel West Bank palestinese la remunerazione media si attesta a 91.4 shekel; a 66.1 euro nella Striscia di Gaza.