mercoledì 14 maggio 2014

Kerry e Indyk hanno spinto Abbas fra le braccia di Hamas

di Harold Rhode e Joseph Raskas*

I palestinesi sostengono che per i musulmani, i territori palestinesi si estendono dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo): includendo tutto l'attuale Israele. Secondo il loro punto di vista, Tel Aviv sarebbe un territorio illegalmente occupato, al pari degli insediamenti ebraici nel West Bank. Questa visione è corroborata dalla visione musulmana, profondamente radicata nella giurisprudenza islamica denominata Waqf, secondo cui ogni territorio una volta sotto il controllo dei musulmani, deve essere per sempre controllato da musulmani. Secondo il diritto islamico, «Se una persona rende qualcosa "Waqf", essa cessa di essere di proprietà di quella persona, e ne' egli ne' chiunque altro può donarla o venderla ad altre persone».
Sfortunatamente, la premessa sulla quale si poggiavano i negoziati promossi dagli americani - capeggiati dal Segretario di Stato John Kerry e dall'inviato speciale Martin Indyk - è in completa antitesi con la premessa sulla quale si basano i negoziati in Medio Oriente. Gli americani sembrano credere che tutti i problemi siano risolvibili: se non si consegue una soluzione, vuol dire che non si è provato abbastanza. Generalmente, sono preparati a raggiungere un compromesso su alcuni temi, per conseguire aspetti specifici a cui sono maggiormente interessati. Quando ambo le parti raggiungono l'intesa, gli americani generalmente sono pronti a mettere da parte i vecchi accordi. Fornendo concessioni, nessuna delle parti rischia di compromettere la propria reputazione. Ma in Medio Oriente non funziona così: questa concezione è inammissibile in una logica da "chi vince si prende tutto" che domina in questa parte del mondo.
I mediorientali convivono con problematiche che sanno essere irrisolvibili. Per molti, i problemi che fronteggiano quotidianamente non saranno mai risolti. Inoltre, ogni compromesso è visto come qualcosa che intacca l'onore personale e cagiona ignominia. È decisamente più preferibile gettare un bel velo, per quanto immaginario, che occulti problemi irrisolvibili, piuttosto che affrontare vergogna, disonore e la pubblica umiliazione. Per molti, gli errori commessi non vengono mai relegati completamente nel passato, e il passato non passa mai. Le malefatte, come la conquista dei Cristiani della Spagna musulmana, a prescindere da quando sono state subite, vanno riparate. A fronte di una scelta fra guerra e vergogna, i meriorientali scelgono spesso la prima, anche se ciò porterà guerra e ugualmente vergogna.

Poiché i musulmani dominarono la Spagna dal 712 al 1492 dC; oggi, oltre cinque secoli dopo, si mostrano ancora pronti a riconquistarla in nome dell'Islam. Anche Osama Bin Laden in passato ha parlato di riparare un torto subito ad opera dell'Occidente, che a suo dire impose al mondo musulmano l'allora leader per la Turchia Mustafa Kemal Ataturk, rimuovendo l'intera famiglia del Sultano ottomano: il Califfo, guida del mondo musulmano sunnita.
Così per quanto riguarda buona parte dell'area che i Romani conquistarono nel 6 d.C., e che l'imperatore Adriano ribattezzò Palestina nel 135 d.C.: quell'area fu strappata dai musulmani all'Impero Romano d'Oriente nel 637 d.C. Oggi, qualunque leader musulmano palestinese che firmasse un accordo definitivo di pace che riconoscesse come ebraico anche una parte di territorio una volta musulmano, violerebbe un principio fondamentale dell'Islam. E qualunque leader palestinese che accettasse di disporre di un territorio concesso dal Waqf non solo risulterebbe umiliato; ma rischierebbe concretamente l'assassinio.
Il predecessore di Abbas, Yasser Arafat, affrontò questo dilemma a Camp David nel 2000, quando il Primo Ministro israeliano Ehud Barak, gli offrì tutto il West Bank e la zona orientale di Gerusalemme, escluso il Monte del Tempio. Arafat, conscio del fatto che non poteva accettare un accordo, respinse l'offerta di Barak. Affermando che «Lì non è mai esistito un Tempio ebraico», e aggiungendo: «Mi vuoi vedere prendere un te lì con Sadat?», alludendo all'assassinio da parte di fanatici islamici del presidente egiziano, dopo aver firmato il trattato di pace con Israele.
Kerry, Indyk e i loro collaboratori, pur con le migliori intenzioni, sembrano ignari del fatto che i musulmani non potranno mai - ad alcuna condizione - cedere territori una volta appartenuti a musulmani (o, meglio, ad Allah), a non musulmani. Pur con i migliori sforzi, qualunque tentativo di persuadere Abbas a sottoscrivere un accordo definitivo che mini alle fondamenta questo principio, è semplicemente inutile.
Abbas senza dubbio ha compreso sin dall'inizio la natura del suo impegno con Kerry e Indyk. E ha calcolato che fino a quando continuerà a negoziare con Israele, americani ed europei continueranno a sostenerlo politicamente e finanziariamente, nell'errata convinzione che possa essere conseguita una soluzione.
Esaminando le dichiarazioni pubbliche a margine dei negoziati, sembra evidente che più il Presidente e il Segretario di Stato fanno pressioni su Abbas affinché pervenga ad un accordo di pace, più egli diventa timoroso di "fare la fine di Sadat" sottoscrivendo quell'accordo. Dal momento che l'Islam non può accettare uno stato ebraico, i palestinesi vinceranno questi negoziati "non perdendo". Mentre i leader israeliani genuinamente cercano la pace, i leader palestinesi cercano un processo di pace interminabile. Abbas non cerca altro che un modo per ritirarsi dai negoziati, giusto un istante prima di pervenire ad un accordo finale.

In tutta probabilità, Abbas sa che non può contare sull'appoggio di giordani e sauditi. I leader di entrambi gli stati hanno pubblicamente affermato che approverebbero un accordo fra palestinesi e Israele; una dichiarazione che si rivela tatticamente encomiabile: qualsiasi leader musulmano che ceda territori di Allah a non musulmani (in special modo ad ebrei) sarebbe soggetto a pubblica umiliazione e quasi certamente ad assassinio. Molto meglio che sia Abbas a pagare le conseguenze in luogo di essi, che nel frattempo si autoassolverebbero da ignominia e biasimo in questo contesto.
Un altro aspetto da rilevare è l'abbraccio mortale che Abbas ha accettato dal suo acerrimo nemico: Hamas. Abbas è sicuramente conscio del fatto che Hamas non accetterebbe mai alcuna delle condizioni precedentemente imposte dal Quartetto: rinunciare alla violenza, riconoscere Israele e accettare i precedenti trattati. Hamas non sottoscriverà mai alcun accordo con Israele, come peraltro riportato nel suo statuto, che in più parti non solo raccomanda la distruzione di Israele, ma anche la morte di tutti gli ebrei.
Questa riappacificazione con Hamas, tuttavia, non solo consente ad Abbas di continuare a ricevere donazioni finanziarie da Stati Uniti ed Europa, ma anche di biasimare in un secondo momento Hamas per un eventuale fallimento delle trattative. Abbas ora non deve scegliere fra la morte e il disonore agli occhi dei suoi seguaci. Per cui Hamas fornisce una copertura perfetta di cui Abbas ha bisogno per non firmare un accordo definitivo a cui Kerry sembra ancora aspirare.
Sicché Kerry e Indyk hanno spinto Abbas in un angolino, inducendolo a commettere un suicidio in nome di un intesa definitiva fra arabi e israeliani. La loro incapacità - o indisponibilità - a realizzare il contesto di fondo ha di fatto consentito ad Abbas di intestardirsi nella sua posizione ulteriormente.
Sembra nuovamente di attualità uno scontro fra la cultura occidentale e quella islamica mediorientale. Come si rileva da Egitto, Sudan, Nigeria e Iraq, semplicemente diversi musulmani non possono neanche accettare l'esistenza di uno stato musulmano governato da cristiani o anche - come appare più concreto - uno stato in cui poco più di un centinaio di cristiani (operai stranieri esclusi) semplicemente esista. Un accordo, in termini di hudna (tregua), è da intendersi come meramente temporaneo, fino a quando le forze saranno adeguatamente ricostituite per sferrare un nuovo attacco.
Abbas, vendendo la sua apparente riappacificazione con Hamas come tentativo di unire il popolo palestinese, sta nel frattempo accelerando la sua parabola discendente fra gli statisti palestinesi. Sebbene l'ANP sia internazionalmente popolare - nel 2012, ha guadagnato lo status di stato non membro delle Nazioni Unite - all'interno è molto debole, con Abbas al nono anno di mandato quadriennale. Di converso Hamas è relativamente debole internazionalmente - è definita organizzazione terroristica da Israele, Stati Uniti, Europa, Canada, Giappone e Australia - ma forte all'interno. Nel 2007 Hamas ha espulso molti membri di Al Fatah dopo un sanguinoso colpo di stato, consolidando il controllo della Striscia di Gaza.
Dal punto di vista di Abbas, la ventilata riunificazione rappresenta una situazione "win-win", che gli permette di eludere diplomaticamente Kerry, compiacendo al contempo i suoi politici. Da questo punto di vista, Kerry e Indyk non possono che biasimare se' stessi per aver fatto deragliare gli sforzi di conseguire una pace.


* Have Kerry and Indyk Pushed Abbas into the Arms of Hamas?
su Gatestone Institute.

2 commenti:

  1. Ok tutto vero. Ma se è vero che da parte israeliana si vuole la pace perchè continuano con le colonie? Non è un tantino in malafede dire siamo d'accordo a che la Palestina nasca mentre si costruisce in Palestina?

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  2. Buona parte di questi insediamenti esiste da molto prima che Abu Mazen si dedicasse alla logistica della Strage di Monaco del 1972. Verosimilmente, essi resteranno ebraici anche dopo un auspicabile Accordo, che però puntualmente sfuma sempre all'ultimo momento.Gli stessi Accordi di Oslo, sottoscritti dall'OLP nel 1993, e le norme transitorie del 1995 certificarono che l'area C del West Bank sarebbe rimasta nella PIENA disponibilità di Israele fino ad un accordo definitivo.
    Barak nel 2000 e Olmert nel 2008 offrirono ai palestinesi il 97%, e poi addirittura il 100% delle richieste territoriali (mediante scambio di territori) relative al West Bank; inclusa addirittura Gerusalemme Est - l'amministrazione USA trasalì all'epoca quando conobbe le intenzioni del governo israeliano, e lo stesso Abu Mazen rimase spiazzato - ricevendone sistematicamente un diniego. Sharon invece nel 2005 consegnò unilateralmente ai palestinesi l'intera Striscia di Gaza, estirpando famiglie che lì vivevano da generazioni; e ciò che Israele ha ricevuto in cambio sono missili e razzi ogni giorno.
    La strategia "terra in cambio di pace" non funziona, se sin da piccini si è educati all'odio e alla violenza: meglio sarebbe "pace in cambio di pace". Nel West Bank il 93% della popolazione nutre sentimenti antisemiti. Una percentale patologica, aberrante e sconfortante, impossibile in una società "normale"; che si spiega soltanto con una costante opera di indottrinamento: sui giornali, in TV, sui libri di scuola, nei cartoni animati. Lo sa che chi vende terreni agli ebrei - molti degli attuali insediamenti ebraici sono basati su un regolare quanto lucroso contratto di compravendita immobiliare - è punito con la morte?
    Ma poi siamo davvero sicuri che i palestinesi si accontenterebbero? Hamas ufficialmente e Abu Mazen in modo più velato (neanche tanto: lo statuto dell'OLP parla chiaro, e la foto qui in alto è abbastanza eloquente) hanno chiarito che intendono prendersi TUTTO Israele, dal Giordano al Mediterraneo. Il West Bank non è che un passaggio intermedio di un paziente processo. L'hanno chiamata la "politica del salame": ad una fetta sottile alla volta, se lo mangiano tutto.
    La retorica degli insediamenti - quelli illegali sono smantellati senza riguardi dal governo di Gerusalemme - è un comodo alibi nelle mani di chi sa che non è possibile spazzare via con un colpo di spugna questa realtà, e ci marcia sopra per un solo scopo: autoperpetrarsi, conservando il potere e le enormi ricchezze che esso garantisce alla classe dirigente più corrotta al mondo. Alle spalle del popolo palestinese.

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