mercoledì 27 novembre 2013

L'opzione è stata collocata sul tavolo

E meno male che si parlano da almeno un anno. Certo, non in pubblico, e non direttamente. La comunicazione in Oman deve essere risultata problematica, se è vero che la sottoscrizione degli accordi "provvisori" di Ginevra è stata seguita da toni trionfali da ambo le parti. Insomma, una situazione "win-win". Eppure ci deve essere qualcuno che perde...
Mentre Hussein Obama cerca di tranquillizzare l'opinione pubblica mondiale, spacciando la liberazione di sostanziosi flussi finanziari verso il regime degli ayatollah in cambio di generiche promesse per un passo significativo verso la pace; a Teheran il ritorno dei delegati è stato salutato trionfalmente: un po' perché viene riconosciuta la piena legittimità del programma nucleare iraniano; un po' perché le nuove entrate che arriveranno dagli acquisti di petrolio da parte soprattutto di Cina, India, Giappone e Corea del Sud, daranno una grossa mano ad uno stato sociale messo in crisi da quotazioni del greggio stabilmente sotto i 100 dollari per barile.
Secondo quanto riporta oggi l'agenzia Reuters, l'Iran continuerà a lavorare (alacremente, si ritiene: i mesi passano in fretta, e prima di maggio bisognerà completare il lavoro) al reattore nucleare di Arak, secondo quanto riferito dal ministro degli Esteri in persona Mohammed Javad Zarif. La sensazione era che le "potenze mondiali" avevano ottenuto uno stop all'avanzamento della controversa centrale di arricchimento dell'uranio.
Zarif ha fornito alla TV iraniana una interpretazione autentica dell'accordo sottoscritto, precisando che non sarà aggiunto ulteriore combustibile fissile; ma cionodimeno la costruzione del reattore proseguirà. Gli esperti rilevano che formalmente gli accordi sottoscritti con il G5+1 non impediscono a Teheran di lavorare "in outsourcing", assemblando componenti fondamentali all'esterno di Arak, pronti per essere assemblati in poco tempo al momento opportuno, una volta che l'Occidente avrà finalmente ceduto suo malgrado all'evidenza: questo sito nucleare non serve affatto alla produzione di isotopi radioattivi ad uso medicale, come spudoratamente affermato dal regime iraniano.
Questione di terminologie, a ben vedere. Dopotutto, Iran e Stati Uniti non sono fatti per comprendersi. Come quella volta in cui Obama giurò a Netanyahu e all'Occidente terrorizzati dalla prospettiva di un Iran potenza nucleare: «Non temete: tutte le opzioni sono sul tavolo». Appunto.


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