lunedì 30 settembre 2013

Facce da coloni

La Guerra dei Sei Giorni, mossa da Egitto, Siria e Giordania nei confronti di Israele nel 1967, si è conclusa il 10 giugno di quell'anno con la riunificazione della capitale Gerusalemme, occupata dalle truppe giordane nel 1948, e con la conquista della penisola del Sinai, poi riconsegnata all'Egitto dopo sottoscrizione di trattato di pace del 1979, e delle Alture del Golan, annesse due anni dopo. Quanto ai territori di Giudea e Samaria, strappati alla Giordania che li aveva occupati nel 1949, e noti anche come West Bank per la circostanza di occupare la parte occidentale del fiume Giordano, essi non hanno mai guadagnato un pieno stato giuridico, dopo la formalizzazione posta in essere dalla Conferenza di Sanremo del 1920 che assegnò queste terre, provenienti dal disfacimento dell'impero ottomano, alla locale popolazione ebraica.
Il tentativo di Gerusalemme di dirimere da subito questa controversia - famosa la dichiarazione di Moshe Dayan, allora ministro della Difesa, che attendeva invano "un colpo di telefono" da parte dei leader arabi - ha sempre trovato il deciso rifiuto degli stati arabi; a partire dai famosi "tre no di Karthoum", dal nome della città dove si tennero gli incontri degli stati arabi belligeranti fra agosto e settembre 1967: no alla pace con Israele, no al riconoscimento di Israele, no a negoziazioni con Israele. La pace era una opzione non presa in considerazione; e quando l'Egitto coraggiosamente (ma inevitabilmente, dopo la disfatta della guerra dello Yom Kippur del 1973) abbandonò le armi, fu punito con l'espulsione dalla Lega Araba. Lo stato di guerra permanente nei confronti di uno stato grande quanto la Puglia è un'opzione inevitabile per regimi antidemocratici, illiberali e spesso brutali e spietati nei confonti della propria popolazione.

venerdì 27 settembre 2013

Medicina senza frontiere

di Claudio Pagliara*

In 65 anni di esistenza, Israele ha raggiunto accordi di pace solo con due Paesi arabi: Egitto e Giordania. Alcuni membri di questo strano – e rissoso – condominio chiamato Medio Oriente si guardano bene dal chiamare lo Stato ebraico col suo nome, nel timore che così facendo ne giustifichino l’esistenza. Preferiscono l’eufemismo disprezzante di ”entità sionista”. Ma in questo buio orizzonte c’è almeno uno sprazzo di luce. I cittadini di questi Paesi si dimostrano più pragmatici dei loro leader. Una spia è il successo che stanno avendo nel mondo arabo i video con istruzioni sanitarie prodotti dalla mutua israeliana. I positivi talk back scritti dai fruitori contraddicono l’ostilità’ dichiarata dei loro leader.

Sei mesi fa Clalit – una delle mutue israeliane – ha postato su YouTube, in ebraico ed arabo, una serie di video educativi su argomenti quali allattamento, maternità , fisioterapia, diagnosi precoce di alcune malattie, ecc. L’iniziativa – che la nostra INPS farebbe bene a copiare – ha avuto un enorme successo: in poco tempo i video hanno superato il milione di click. Dall’analisi dei dati, emerge una relatà sorprendete. Solo 45 mila utenti sono israeliani. La metà, 560 mila, sono sauditi, 168 mila egiziani, 90 mila iracheni, 70 mila marocchini, 65 mila algerini, 42 mila giordani. Persino 11 mila cittadini della Siria dilaniata dalla guerra civile hanno visto i video educativi israeliani.

La stragrande maggioranza del pubblico arabo è stato attratto dal video sull’allattamento. è anche il video che ha ricevuto il più’ grande numero di commenti positivi. Come quello di Fatima: “Grazie per gli utili consigli”. Il Medio Oriente non smette mai di stupire, nel bene come nel male!

*Responsabile dell’Ufficio Rai per il Medio Oriente dal 2003. Riprodotto con il consenso dell'autore.

giovedì 26 settembre 2013

Chi è veramente Rohani?

Non convincono i modi gentili del neopresidente iraniano Rowhani. La barba curata, l'aspetto bonario da docente universitario in pensione, e l'approccio meno rude e cafonesco rispetto al predecessore Ahmadinejad ha colto di sorpresa l'opinione pubblica occidentale, che si era ben abituata ai deliri di Ahmadinejad. Ma la sostanza non cambia. E scavando nel passato del presidente designato de facto degli ayatollah, si hanno conferme sulla cautela giustamente adottata dai paesi più esposti alla minaccia atomica iraniana.
Nel 2003, sotto la presidenza Khatami, Rohani divenne capo negoziatore sul nucleare, e l'anno successivo firmò la sospensione del programma atomico: «sul suolo iraniano non ci saranno mai più centrali per l'arricchimento dell'uranio». Infatti furono spostare nel sottosuolo, disseminate in punti strategici e difficilmente attaccabili. È stato di parola.

martedì 24 settembre 2013

Come combattere le offese

Ce n'é per tutti. L'altro giorno il famigerato Ahmad Tibi, deputato arabo del parlamento israeliano (circostanza che maledettamente toglie molte argomentazioni a chi sostiene che da queste parti vi sia apartheid) e acceso antisionista, sostiene che la presenza di ebrei sul Monte del Tempio di Gerusalemme sia intollerabile per la contaminazione che essi producono ai danni del terzo luogo sacro dell'Islam, dopo la Mecca e Medina, e subito prima di Roma. E pazienza che il Monte del Tempio sia il luogo sacro per eccellenza dell'ebraismo, che da queste parti si trova da qualche secolo prima della comparsa sulla Terra di Maometto...
Dal punto di vista dell'esponente arabo della Knesset, è giusto accogliere i fedeli in visita al Tempio con lancio di sassi e oggetti contundenti da parte di disponibilissimi giovanotti palestinesi. Un modo energico di combattere una manifestazione del proprio credo religioso.

Spiragli di pace in Medio Oriente

Ci sarà mai la pace fra israeliani e palestinesi?
certo, come no.
A Gaza Hamas sfila per la pace. E sembra molto credibile.
Anche i teneri, innocenti bambini hanno negli occhi la normalità e la spensieratezza.
E i genitori fanno di tutto per coltivare questi valori.
C'è da essere fiduciosi nel futuro. La pace si coltiva ogni giorno e queste immagini ne sono la prova.

lunedì 23 settembre 2013

Alla Apple non conoscono la geografia

Dov'é Ittoqqortoormiit? non lo sa nessuno. Ci sono pochi dubbi sulla collocazione geografica e politica di Jakarta (Indonesia), o di Johannesburg (Sudafrica), ma la città dal nome impronunciabile citata è situata in Groenlandia: lo afferma con sicurezza il nuovo sistema operativo (iOS7) della Apple, che elenca le città di tutto il mondo per consentire i settaggi internazionali. Salvo rimediare una magra figura quando deve collocare Gerusalemme: non sa dove sia.
Alcuni fanno oggi ancora confusione, indicando in Tel Aviv anziché Gerusalemme come capitale dello stato ebraico. L'occupazione giordana, proceduta ininterrottamente dal 1948 fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967, ha inciso significativamente sui libri scolastici di storia e geografia, se è vero che molti anziani appaiono in tal modo confusi. Eppure la sede del governo israeliano è a Gerusalemme, qui si svolge l'attività legislativa della Knesset, il parlamento israeliano; e sempre qui risiede la Corte Suprema di Giustizia, la Banca Centrale di Israele e la maggior parte dei ministeri. Non dovrebbe essere così difficile stabilire in quale stato si collochi Gerusalemme.

domenica 22 settembre 2013

Urge una immediata riforma dell'UNRWA

di Timon Dias*

Secondo un recente studio, il popolo palestinese ha ricevuto, in termini reali aiuti pari a 25 volte quelli ricevuti dagli europei delle nazioni devastate dalla II Guerra Mondiale sotto il Piano Marshall. Secondo lo studio, la maggior parte di questi fondi sono stati veicolati verso il popolo palestinese tramite la United Nations Relief and Work Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA). Si tratta dell’unica agenzia delle Nazioni Unite concepite specificatamente per una sola popolazione; l’unica che definisce come rifugiati coloro che hanno vissuto per almeno due anni in una specifica area nel momento in cui è scoppiata la guerra arabo-israeliana del 1948. E si tratta anche dell’unica agenzia che identifica i discendenti degli originari rifugiati come anch’essi rifugiati, sebbene il 90% di quelli che l’UNRWA originariamente definì come tali che non si sono mai allontanati dal luogo di origine.
L’UNRWA, inoltre, viola la convenzione dei rifugiati dell’UNHCR, continuando a considerare rifugiati due milioni di persone (il 40% dei beneficiari delle erogazioni dell’UNRWA) che godono di piena cittadinanza in Giordania, Siria e Libano, incoraggiando loro oltretutto a pretendere un fantomatico “diritto al ritorno”.

mercoledì 18 settembre 2013

Israele corre in soccorso della Striscia di Gaza

Stretta sempre più d'assedio dall'esercito egiziano, che chiude ripetutamente il valico meridionale di Rafah, malmena i pescatori locali, distrugge e allaga i tunnel clandestini, e occupa porzioni sempre più ampie del territorio palestinese per prestunte "ragioni di sicurezza"; e oppressa dal regime oscurantista di Hamas, che ha fatto ormai terra bruciata attorno a se', ignorata dai Fratelli Musulmani prima della loro defenetrazione, e abbandonata da tutti gli stati arabi vicini (con la significativa ma sterile eccezione del Qatar); la Striscia di Gaza conta sempre più sull'aiuto umanitario insperato di Israele.
Il piccolo stato ebraico ha disposto un blocco navale al largo delle coste di Gaza nel 2007, con l'avvento al potere dopo sanguinoso colpo di stato da parte dei fondamentalisti islamici. Questo provvedimento, legittimo sul piano del diritto internazionale (lo certifica il rapporto ONU della Commissione Palmer), ha prevenuto l'arrivo a Gaza di armi e munizioni via mare, senza per ciò pregiudicare le attività marittime e di pesca della popolazione gazana. Non ha evitato ovviamente il contrabbando di armi tramite la penisola del Sinai e i tunnel clandestini scavati dai terroristi fra l'Egitto e la Striscia; ma ciò non ha mai impedito la collaborazione sanitaria, umanitaria e di supporto alla vita di tutti i giorni da parte di Gerusalemme.

martedì 17 settembre 2013

Il regno di Giordania non si vende al Qatar

Notizia passata inosservata (anzi: non pubblicata, in Italia. Siamo affetti da "benaltrismo": abbiamo ben altro a cui pensare). Il Qatar (proprietario di Al Jazeera, del Paris Saint Germain, di Harrod's, sponsor del Barcellona, organizzatore dei Mondiali di Calcio 2022, eccetera) ha offerto centinaia di milioni di dollari al Regno di Giordania affinché ospitasse la sede ufficiale di Hamas.
Hamas è un'organizzazione terroristica palestinese che fino ad un paio di anni fa risiedeva non a Gaza, che pur governa; ma in Siria. Poi il genocidio di Assad, con migliaia di palestinesi trucidati, ha convinto gli estremisti a smontare le tende, trovando sede temporanea prima nello stesso Qatar, e poi in Egitto.
Siccome tutti simpatizzano per i terroristi, ma nessuno è disposto a tenerseli in casa, Hamas è ancora alla ricerca di una sede. E siccome la Corea del Nord è troppo lontana, il Venezuela pure, e in Iran non tutti i gerarchi sono d'accordo nell'andarvi, si sono rivolti ai generosi finanziatori qatarioti; che hanno formulato la proposta al re di Giordania. Il quale ha sdegnatamente rifiutato.

giovedì 12 settembre 2013

L'assedio della Striscia di Gaza

La Striscia di Gaza è sotto un crudele assedio, che non tiene conto delle esigenze di base della popolazione. Ma il mondo rimane indifferente. Già sotto la presidenza dell'ora deposto Morsi, l'esercito egiziano ha iniziato un'opera di distruzione e di allagamento dei tunnel clandestini. Ora il confine è stato sigillato, e non si sa quando sarà riaperto. Sull'altro fronte, lo stato di Israele consente il transito di persone e mezzi verso la Striscia di Gaza, a cui fornisce elettricità e acqua, malgrado sia definito "entità ostile". Ecco tutta la verità su Gaza assediata.

Negli ultimi mesi l'assedio di Gaza è diventato più asfissiante. È quasi impossibile fare impresa, i movimenti dei civili sono stati limitati drasticamente e le varie possibilità di interscambio con l'esterno prima presenti sono state annullate. Il ministro degli Esteri di Hamas Razi Hamed ha affermato che «Gaza è diventata una gigantesca prigione».

martedì 10 settembre 2013

Obama in Medio Oriente è tenuto in grande considerazione...

Da destra a sinistra: Obama: «L'impiego di armi chimiche è la nostra linea rossa».
(in seguito) «L'impiego di armi nucleari è la nostra linea rossa».

Poi uno si spiega perché Israele sia avversato...

...dagli arabi (o perlomeno da una significativa parte di essi); e dagli europei, da sempre innamorati degli arabi, malgrado non siano mai stati egualmente ricambiati. Non solo lo stato ebraico sta accogliendo centinaia di feriti gravemente dalla repressione brutale del regime di Assad in Siria; uomini, donne e bambini che mettono a repentaglio la loro medesima esistenza accettando le cure di uno stato con cui formalmente Damasco è in guerra. Ma Gerusalemme rompe gli indugi e, in prima linea come sempre nelle iniziative umanitarie (basti chiedere ai superstiti dei terremoti di Haiti del 2010, o del terremoto in Turchia nel 2011), ha deciso ieri di inviare alla popolazione siriana 670 tonnellate di generi alimentari, 20 tonnellate di farmaci e 120 tonnellate di altri beni di prima necessità. Per scavalcare l'ostacolo dell'assenza di relazioni diplomatiche, gli aiuti perverranno per il tramite di ONG specializzate: «nessuno chiede il permesso di uccidere. Noi non chiederemo il permesso di salvare vite umane», ha dichiarato al Jerusalem Post il fondatore di questa organizzazione, che annovera oltre 1200 volontari.

domenica 8 settembre 2013

Come i palestinesi spendono il (nostro) denaro

Dal 2004 soltanto l'Unione Europea ha destinato almeno 5 miliardi di dollari al sostegno dell'autorità nazionale palestinese (ANP). Cosa fa Ramallah di questo fiume di denaro che sopraggiunge da tutto il mondo?
un sacco di cose: passa una ricca diaria alle famiglie dei terroristi ospitati nelle carceri israeliane, finanzia i viaggi in giro per il mondo della presidenza Abu Mazen (presidente, famiglia, cortigiani e servitori compresi), spende soldi in pubbliche relazioni internazionali, e così via.
D'altra parte, se i soldi ci sono, vanno spesi, no? ogni mese l'Unione Europea destina diversi milioni di euro al rimpolpamento del bilancio di Ramallah. Sciocchezzuole, per un continente la cui economia va a gonfie vele, al punto da consentire di elargire una simile mancetta (sono diverse diecine di milioni di euro l'anno). Questo, beninteso, salvo elargizioni eccezionali, motivate da particolari occasioni meritevoli di encomiabile impegno. Timidamente, un'agenzia ANSA venerdì ha annunciato ai pochi interessati un'iniziativa del governo italiano, che ha devoluto all'ANP uno stanziamento eccezionale di 60 milioni di euro, attinti dal "Fondo per la cooperazione internazionale" (avevamo un fondo così capiente e nessuno ci ha detto niente?!?!). Che poi l'assegnino sarebbe transitato lemme lemme, se non fosse che la notizia è stata divulgata dall'agenzia palestinese Ma'an, che non ha mancato di metterci in imbarazzo aggiungendo che l'annuncio è stato dato dall'onorevole Lapo Pistelli, in qualità non di viceministro degli Esteri, bensì di responsabile degli affari internazionali del PD.

mercoledì 4 settembre 2013

Perché il mondo pensa che il sangue ebraico non costi niente?

di Evelyn Gordon*

Nel visitare Israele, il ministro degli Esteri norvegese Espen Barth Eide a malincuore ha ammesso che l'impegno del Primo Ministro Benjamin Netanyahu nei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi «risulta sempre più credibile». A riprova di ciò, ha citato il rilascio di 26 assassini palestinesi all'inizio di agosto. Ma poco dopo ha corretto il tiro: «sebbene sia un primo passo, non deve essere stato un grosso sacrificio».
Questo richiama la reazione di norvegesi e svedesi di qualche settimana fa, dopo che l'ambasciatore di Gerusalemme in Svezia ha messo sullo stesso piano i sentimenti degli israeliani al rilascio di questi criminali, e quelli eventuali che proverebbero i norvegesi qualora fosse scarcerato Anders Breivik, che nel 2011 uccise all'impazzata 69 norvegesi, in buona parte di giovane età. I giornali svedesi hanno denunciato oltraggiati il confronto, sostenendo che Breivik era un assassino di massa, mentre i palestinesi sarebbero «combattenti per la libertà». Il sentimento generale sembrava essere che gli assassini dei norvegesi meritassero una punizione, mentre quelli degli israeliani dovessero essere liberati e onorati. Sembra essere una visione del ministro Eide: rilasciare gli assassini a sangue freddo di anziani sopravvissuti all'Olocausto, o persone che semplicemente si rilassavano sulle panchine di un parco «non deve essere un grosso sacrificio»; nulla, al confronto del rilascio eventuale di Breivik.
Concordo con chi sostiene che questo doppiopesismo sia antisemita, ma non credo che gli scandinavi siano gli unici da biasimare. Se buona parte del mondo ritiene che il sangue degli israeliani ebrei sia a buon mercato, e che i loro assassini non meritino la stessa punizione di chi uccide - poniamo - un norvegese; buona parte delle colpe ricadono sui governi che si sono succeduti. Nel rilasciare detenuti palestinesi in circostanze che nessun altro governo avrebbe preso in considerazione, gli esecutivi israeliani hanno dimostrato al mondo che giudicano le vite dei loro cittadini con sufficienza. Se lo stesso governo di Israele non considera l'assassinio dei suoi cittadini un crimine che meriti l'ergastolo, perché lo dovrebbe fare qualcun altro?

lunedì 2 settembre 2013

Ma non lo chiamate doppiopesismo

L'Egitto ha chiuso ripetutamente il valico di Rafah che lo collega alla Striscia di Gaza, come forma di ritorsione nei confronti di Hamas, che secondo la nuova dirigenza del Cairo avrebbe preso parte attiva agli scontri con l'esercito all'indomani dell'esautoramento di Morsi. Nel frattempo i valichi israeliani di Erez e Kerem Shalom sono rimasti aperti: soltanto giovedì, l'IDF ha gestito il transito di 262 camioni, trasportanti 6266 tonnellate di beni, fra cui 640 tonnellate di materiali da costruzione. Ciò ha impedito che gli abitanti della Striscia rimanessero segregati e isolati. Il tentativo egiziano di mettere Gaza sotto assedio, facendo della Striscia una prigione a cielo aperto, non è andato a buon fine.
L'Egitto ha distrutto mediante detonazione con esplosivo il 90% dei tunnel clandestini che lo collegavano alla Striscia di Gaza. Per accertarsi della compiutezza del lavoro, non si è esitato ad allagare con acqua ciò che è rimasto delle gallerie sottorranee; e pazienza se nel frattempo qualche palestinese è annegato (se non è morto prima per schiacciamento). Non sono pervenute proteste, interrogazioni parlamentari, flottiglie della libertà, cortei per la pace, editoriali infuocati ne' mobilitazioni sui social network.

La dura battaglia contro la disinformazione

Simpatico botta e risposta fra la redazione del Daily Telegraph, quotidiano britannico che ha la sventura di ospitare la penna di Robert Tait, ex giornalista del Guardian; e CifWatch, organizzazione no-profit impegnata nella lotto contro la disinformazione, la mistificazione, l'omissione in mala fede e non di rado l'invenzione di sana pianta di fatti che inevitabilmente mirano a gettare ombra e discredito su Israele. Ce ne siamo occupati qualche giorno fa. Nel tentativo di fornire appoggio alla cosiddetta "causa palestinese", il Telegraph ha gonfiato a dismisura il numero di rifugiati e profughi palestinesi; per tali intendendosi non coloro i quali furono persuasi dagli stati arabi belligeranti nel 1948 a lasciare Israele, dietro la promessa che vi sarebbero tornati ben presto a guerra (vinta) conclusa; bensì il numero degli arabi, e di tutta la loro discendenza, che può accedere ai generosi benefici dell'iscrizione all'UNRWA, un'agenzia delle Nazioni Unite che da decenni perpetra se' stessa dietro questo comodo e largo paravento. Si potrà obiettare che in questo momento ci sono emergenze umanitarie che richiederebbero almeno una parte del ricco budget messo a disposizione dell'UNRWA; ma non digrediamo.

Questo è Israele

Alle volte riesce difficile descrivere in poche parole un paese con migliaia di anni di storia alle spalle, in cui si mescolano culture e religioni di cento altri paesi. Alle volte, le descrizioni hanno una valenza positiva: «ecco che cosa è Israele». Ne parlo da sei anni e forse non posso aggiungere molto a quanto già detto in passato. Ma qualche minuto fa, stanca del giudizio degli altri sul mio paese, ho deciso per l'ennesima volta di vincere la pigrizia e di ripetermi. Non è quello Israele. Ecco che cos'é Israele. Israele non scalpita ansiosamente affinché gli Stati Uniti attacchino la Siria. Ma ci sono dei distinguo Anzitutto, essendo scampati all'Olocausto, conosciamo il pericolo, la rabbia, la realtà aberrante di un mondo che resta a guardare mentre la gente è gassata fino alla morte. Tutti paghiamo in prima persona nell'ignorare questa realtà: e non si tratta soltanto di israeliani, perché quelli che succede in Egitto, in Siria, nello Yemen e in altri posti, alla fine ricade sulla propria pelle. È successo l'11 settembre; ed è successo a Boston, a Londra e a Madrid.