lunedì 29 aprile 2013

Imparare, sin da piccoli

Il sistema formativo palestinese è a livelli decisamente avanzati. Noi occidentali non capiamo perché mai una formazione terroristica come Hamas, con la quale il neo-residente napoletano Abu Mazen cerca disperatamente di formare un governo unitario, rada al suolo l'antico porto di Antedone, dichiarato neanche un'anno fa dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, per farvi un campo di addestramento per le sue milizie islamiche. E pazienza se la stessa autorità palestinese è entrata alle Nazioni Unite proprio tramite l'UNESCO: l'istruzione pubblica a Gaza e nei territori palestinesi raggiunge livelli di eccellenza; anche per la capacità di unire la teoria (tecniche di diffamazione, teoria del negazionismo, geografia islamica, elementi di manipolazione storica, educazione fisica finalizzata al terrorismo) ad una sana pratica.

Salvata la vita di di un palestinese

Un medico israeliano ha fatto la storia, impiegando lo scorso mese plasma disidratato per salvare la vita ad un autista palestinese, rimasto gravemente ferito in un incidente nella Valle del Giordano. Lo riportava ieri il quotidiano Haaretz, nella versione cartacea.
E' la prima volta che il plasma disidratato è impiegato in questo modo. Il medico militare, sergente Alona Babliel, in questo modo è riuscito a stabilizzare le condizioni gravi del ferito, successivamente trasportato da un elicottero dell'aviazione israeliana all'ospedale più vicino. Il paziente, riporta il quotidiano di simpatie arabe, gode ora di buona salute ed è stato rilasciato qualche giorno fa.
Un altro quotidiano, The Times of Israel, rende noto invece che nei cinque mesi successivi all'operazione Pillar of Defense, che mirava a neutralizzare la minaccia terroristica di Hamas nella Striscia di Gaza; sono stati effettuati ben 18 attacchi ai danni delle famiglie dell'Israele meridionale. L'ultima aggressione risale a sabato, quando un Kassam ha interrotto la pace dei residenti del Negev, intenti a festeggiare la ricorrenza del Lag B’Omer.
Così, mentre i medici israeliani compiono autentici miracoli per salvare le vite dei palestinesi, che affollano da sempre gli ospedali dello stato ebraico; i terroristi islamici che infestano Gaza si impegnano costantemente a sottrarre loro la vita. Così va, in questa zone del Medio Oriente...

sabato 27 aprile 2013

C'è apartheid in Israele (e magari qualcuno ci crede)

Questa foto appare su uno dei tanti gruppi disseminati su quel produttore industriale di disinformazione che è Facebook. Uno dei tanti di ispirazione antiisraeliana, antisemita, o - bontà loro - antisionista. Un gruppo che giura l'esistenza dell'apartheid: in Israele (mica nei territori palestinesi, dove la recente maratona tenutasi a Betlemme ha visto il bando di atleti israeliani; fossero essi ebrei, arabi o financo drusi).
Per convincere il lettore di questa strampalata accusa, la pagina in questione mostra l'immagine di un ebreo ortodosso che solidarizzerebbe con i palestinesi, dopo un energico trattamento subito dalle forze di sicurezza israeliane: «se io, che sono ebreo, sono trattato così brutalmente, chissà quale deve essere il trattamento riservato ai palestinesi», argomenta il nostro malcapitato amico.

venerdì 26 aprile 2013

La BBC fa pubblica ammenda sulla Freedom Flotilla

In sordina, la BBC fa un mezzo passo indietro a proposito della copertura dell'incidente di due anni fa al largo delle coste di Gaza, quando la Mavi Marmara tentò di forzare il blocco navale imposto dal governo israeliano per prevenire la fornitura di armi e munizioni ai terroristi di Hamas che dal 2007 governano la Striscia.
Quel blocco è stato giudicato legittimo da una commissione delle Nazioni Unite appositamente istituita; ma nei giorni immediatamente successivi alla vicenda non mancarono aspre polemiche, alimentate da una stampa disorientata dai dispacci dei militanti dell'IHH, che armò la spedizione, in spregio al diritto internazionale, e che risulta non a caso affiliata all'ISM, organizzazione filoislamica collegata proprio ad Hamas.

giovedì 25 aprile 2013

La metropolitana di Gerusalemme è pienamente legittima

La Francia non è mai stata in ottimi rapporti di amicizia con Israele. Lo testimonia non tanto la strage di Tolosa, quanto la reazione fra il distaccato e il simpatizzante di una parte dell'opinione pubblica transalpina nei confronti dell'attentatore, e i sempre più numerosi atti di vandalismo, intimidazione, minaccia e aggressività nei confronti della (una volta) folta comunità ebraica. Il voto con cui Parigi a novembre ha accolto l'autorità palestinese fra gli stati osservatori non membri delle Nazioni Unite è un'ulteriore attestazione delle simpatie filoarabe della repubblica francese. Non scopriamo nulla di nuovo.
Ma proprio per questo, è significativo il recente pronunciamento di un tribunale francese, a proposito di una querelle sorta attorno al treno ultramoderno che dovrebbe collegare la capitale israeliana ai territori contesi del West Bank. Un mezzo di trasporto agile, moderno ed economico, che dovrebbe agevolare la mobilità anche delle comunità palestinesi da e verso Gerusalemme; guardato con ostilità perché "violerebbe" la sovranità territoriale dell'ANP.

mercoledì 24 aprile 2013

C'è sciopero e sciopero...

Non c'è spiegazione. In Israele, un terrorista palestinese ha fatto notizia qualche mese fa perché nel tempo libero si dilettava a tirare calci al pallone; ma soprattutto perché, poverino, intendeva sollecitare l'attenzione dell'opinione pubblica con uno sciopero della fame durato addirittura tre mesi. Insorse il calcio internazionale, protestando per la detenzione del nostro Mahmoud, titolare addirittura della nazionale palestinese. Si sa, questi sionisti tratteranno pure bene i detenuti, è vero che svolgono regolare processo e talvolta raccolgono anche le deposizioni spontanee degli incriminati; ma alla fine cedono alle pressioni - vedasi la decisione di Netanyahu di telefonare all'omologo turco per porgergli le sue scuse per la vicenda della Mavi Marmara - e lasciano andare i delinquenti; anche se dediti ad attività terroristica.
Mahmoud Sarsak fu rilasciato, bello pasciutto e in splendida forma (dobbiamo farci dire come controllava così brillantemente l'appetito), per essere accolto a braccia aperte dai terroristi di Hamas a Gaza. Uno sciopero della fame è sempre una giusta causa per mobilitarsi, no?

martedì 23 aprile 2013

L'agonia della democrazia palestinese

di Jonathan Schanzer*

Lunedì il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha visitato il Kuwait per issare la bandiera palestinese sull'ambasciata dell'ANP a Kuwait City, per la prima volta dopo 22 anni. Il gesto era atteso da tempo: l'ambasciata è stata chiusa come ritorsone per la decisione del precedente leader palestinese Yasser Arafat di appoggiare il dittatore iraqeno Saddam Hussein, dopo la sua invasione del Kuwait del 1990. Ma anche se Abbas ha seppellito l'ascia di guerra con i kuwaitiani, le lancette della politica sono state portate indietro ai tempi di Arafat.
La visita di Abbas nel Kuwait giunge due giorni dopo le dimissioni forzate del suo primo ministro riformista, Salam Fayyad. La cui uscita di scena non sorprende nessuno di quelli che conoscono bene l'inefficienza dell'Autorità Palestinese (AP): il programma di Fayyad irritava puntualmente Abbas. A malapena i due leader palestinesi si sono parlati per un anno, stando a quanto sostiene un consulente dell'AP (Fayyad, ad esempio, era contrario al proposito di Abbas di recarsi alle Nazioni Unite per conseguire la condizione di stato osservatore non membro, sostenendo che i palestinesi avrebbero fatto meglio a continuare nel costruire le istituzioni fondamentali). La tensione fra i due era la perfetta rappresentazione di un sistema di pesi e contrappesi in essere nell'AP.

lunedì 22 aprile 2013

Sempre più palestinesi diventano israeliani

Non è un assurdo controsenso: secondo quanto riporta oggi Haaretz, il quotidiano filoarabo in lingua inglese pubblicato in Israele, è boom di richieste di cittadinanza israeliana da parte delle popolazione araba residente nei quartieri orientali della capitale dello stato ebraico. "Gerusalemme Est" è stata liberata dall'occupazione giordana nel 1967, dopo 19 anni, ed è oggi pienamente integrata con la parte occidentale. Ciò malgrado, non pochi sono i timori da parte dei residenti nei quartieri orientali, che questa parte della capitale possa risultare mutilata per essere consegnata ai palestinesi, nell'ambito di un accordo definitivo di pace.

UNRWA, il nemico dei palestinesi

C’è un’Agenzia ONU che non è mai in crisi, un’agenzia costantemente sommersa di dollari, che si occupa di un gruppo esclusivo di rifugiati, nati e cresciuti nei loro luoghi di residenza, in alloggi e non in tende. Rifugiati che spesso hanno un lavoro e un reddito, che hanno regolare accesso alla sanità pubblica e all’istruzione. Ma qual è questa Agenzia prospera dal miliardo di dollari l’anno? Ma è l’UNRWA è ovvio! E i profughi sono quelli che non sono più tali da cinquant’anni: i “profughi” palestinesi. La Siria è distrutta, i siriani non hanno da bere acqua fresca, ma l’Unrwa non se ne preoccupa, loro “servono” esclusivamente i Palestinesi.
L’Unrwa, come sappiamo, è quell’organismo incaricato, dal 1948, di assegnare lo status di rifugiato a tutti i discendenti di quei Palestinesi che lasciarono Israele durante la prima guerra di aggressione sferrata contro lo Stato ebraico. Bastava aver risieduto due mesi in Eretz Israel per aver diritto ad uno status da lasciare in eredità ai propri figli e ai figli dei figli. Cosi’, quelli che nel 1949 non arrivavano a 700.000 unità, ora sono diventati cinque milioni. Neanche uno dei rifugiati originari è stato mai reinsediato dall’Unrwa. Secondo la sua definizione, i profughi rifugiati rimangono tali anche dopo l’acquisizione della cittadinanza di un altro paese.

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mercoledì 17 aprile 2013

Allarme: ai palestinesi è vietata la pesca!

Dura è la vita dei palestinesi di Gaza, oppressi da un regime tanto spietato quanto ottuso come quello di Hamas, che governa la Striscia dai sei anni, dopo lo sgombero israeliano del 2005.
Al-Mezan, una ONG palestinese, denuncia il bando della pesca imposto unilateralmente dal governo estremista a partire dall'alba di lunedì scorso. Il blocco di una risorsa fondamentale per la popolazione locale è stato imposto per non meglio specificati "motivi di sicurezza". Il divieto di pesca, denunciato dal presidente dell'associazione pescatori della Striscia, è stato reso pubblico dalla ONG e riportato da Maan News, un'agenzia di stampa palestinese.

martedì 16 aprile 2013

Doppiogiochismo islamico

Arafat ci aveva abituati bene: dopo l'ennesimo, inutile, sterile accordo di pace fra palestinesi e israeliani, si piazzava davanti alle telecamere festante e gioioso, con la pistola malcelata dalla mimetica, con i ramoscello d'ulivo in bocca, dalla quale uscivano in inglese tranquillizanti e miti parole, per la gioia orgasmica dei reporter, che osannavano i buoni intenti del leader dell'OLP. A quanto pare, gli hanno dato anche un premio Nobel per la pace...
...poi andava dalle sue parti, a Ramallah, e in arabo diceva il peggio possibile contro gli americani, contro gli israeliani, e contro tutti. Purché il suo potere non subisse ridimensionamenti. Alla fine la pace era una parola vuota che veniva declinata in tutti i modi (solo) dal mondo occidentale; quello che contava di meno, purché mettesse mano al portafoglio. Nelle cancellerie arabe, si sapeva benissimo che Arafat non avrebbe mai sottoscritto alcun trattato di pace: una volta ebbe a dire: «Preferisco essere ucciso dal proiettile di un israeliano che mi considera un nemico, anziché dal proiettile di un palestinese che mi condanna come un traditore». Questa doppiezza ha caratterizzato tutta la vita del terrorista palestinese, e caratterizza tuttora buona parte della politica islamica.

Brutte notizie per palestinesi e israeliani

di Jonathan Tobin*

Le dimissioni del primo ministro dell'Autorità Palestinese (AP) Salam Fayyad rappresenta un momento cruciale nella storia del conflitto israelo-palestinese. La sua defenestrazione mette a nudo il collasso di quello che il New York Times ha definito il fayyadiso: la speranza che il nazionalismo palestinese fosse riorientato verso lo sviluppo e la coesistenza, anziché verso la violenza. Senza la foglia di fico della responsabilità che Fayyad forniva, l'idea che l'AP sia tutto all'infuori di un regime corrotto e compromesso dai legami con il terrorismo, suona falsa.
L'insuccesso di Fayyad di generare o un sostegno pubblico fra la sua gente del West Bank, o di usare il credito di cui godeva a livello internazionale per scavalcare il presidente dell'AP Mahmoud Abbas, risulta una tragedia per tutto il popolo palestinese. Il suo fallimento condanna loro a scegliere fra l'incompetenza dei quadri del Fatah, e la tirannia sanguinaria islamica di Hamas. Fayyad ha sempre goduto del forte supporto sia degli Stati Uniti che di Iseaele, il quale malgrado la diffidenza nutrita nei confronti dell'AP ha visto egli come partner e interlocutore irrinunciabile. Il problema è che il partito di Abbas lo vedeva come ostacolo sia alle mire di Abbas per la politica egemonica nel West Bank, sia alla continuazione dei meccanismi di corruzione che ha consentito di deviare gli aiuti finanziari internazionali verso le tasche dei leader dell'OLP.

lunedì 15 aprile 2013

Sette dollari per compensare le vittime del terrorismo

Oggi in Israele ricorre il Yom Ha Zikaron: come ricorda Focus on Israel, lo stato ebraico ricorda 23.085 membri delle forze di difesa e di sicurezza che hanno perso la vita in servizio e i 2.493 cittadini uccisi in attentati terroristici, compresi 120 cittadini stranieri.
La commemorazione ci ricorda il dolore e le sofferenze delle famiglie dei superstiti. Dolore per la perdita, certo; ma anche per le pesanti difficoltà economiche che la tragedia porta con se'. E mentre i terroristi possono godere di un lucroso vitalizio per la loro opera spietata; le vittime del terrorismo fanno fatica ad andare avanti.
Tanto che oggi il presidente dell'associazione delle famiglie delle vittime del terrorismo ha sollecitato il governo di Gerusalemme ad intervenire; e finalmente è stato approvato uno stanziamento annuale di 250.000 shekel.

venerdì 12 aprile 2013

Ci mancava la macchina del tempo...

Ah! la straordinaria scienza islamica (sciita, eh!)... Dopo aver trovato il rimedio contro il cancro e l'AIDS (o era la calvizie? booh...), dopo aver sconfitto definitivamente l'influenza aviaria; la ricerca iraniana ha partorito una nuova clamorosa scoperta, che annichilirà definitivamente il vetusto "metodo scientifico" occidentale, così poco dipendente dalla Fede.
Il Telegraph di Londra ieri ha riportato una clamorosa notizia: uno scenziato iraniano ha inventato una macchina in grado di prevedere il futuro. La prossima presidentessa degli Stati Uniti, il primo uomo (islamico, s'intende) su Marte, il vincitore dei prossimi Mondiali di calcio e - forse, con un po' di perizia - il prossimo capo del governo in Italia sono facili da prevedere, grazie all'ingegno di Ali Razeghi e al sostegno del "Centro per le Invenzioni Strategiche", finanziato da Teheran. La macchina prevede il futuro dell'individuo «da cinque a otto anni, e con una precisione del 98%».

lunedì 8 aprile 2013

Il ruolo di Arabia Saudita e Qatar nella "primavera araba"

di Samuel Westrop*

Quando si parla di Medio Oriente, molti giornalisti, anziché far parlare i fatti, sono soliti di frequente abbandonarsi a previsioni idealistiche e a dichiarazioni radicali. Nessun giornale o se è per questo governo ha previsto lo scoppio della "primavera araba", ma una volta che essa si è concretizzata, la maggior parte dei media si è scatenata nel prevedere che un'epoca di prosperità, di eguaglianza e di democrazia avrebbe trasformato il Medio Oriente in una regione moderna, con aspirazioni avanzate.
Il Guardian, per esempio: era così disperato di giustificare il suo sostegno iniziale per la "primavera araba", che di recente ha realizzato un editoriale impassibile con cui ha sostenuto che la presa del potere da parte di Morsi è stato un gesto necessario per garantire le aspirazioni democratiche dell'Egitto.

domenica 7 aprile 2013

Cancellate tutti gli ebrei (da Internet)

In Israele oggi si celebra lo Yom HaShoah: la Giornata del Ricordo dell'Olocausto (il 27 gennaio nel resto del mondo). La commemorazione dei sei milioni di vittime ebree della ferocia antisemita del nazismo è stata istituita nel 1953 per iniziativa dell'allora premier Ben Gurion. Un buon momento per fermarsi un attimo a riflettere sulla barbarie umana, e affinché non accada più.
Non la pensano allo stesso modo i militanti di Anonymous, che hanno fatto coincidere con questa dolorosa ricorrenza una iniziativa quantomeno discutibile, per tempistica e modalità: il tentativo di cancellare tutti gli ebrei, perlomeno virtualmente, dai siti Internet.
Divertente la contromossa degli attivisti israeliani, che ieri, poco dopo la mezzanotte, in un gesto che ricorda vagamente l'ardita azione dell'aviazione israeliana allo scoppio della Guerra dei Sei Giorni, ha oscurato la home page del sito di "OPIsrael.com", sostituendola con una pagina che riporta una famosa accesa discussione sul canale Al Jazeera, in cui si difese memorabilmente lo stato ebraico.

sabato 6 aprile 2013

Hamas gioca su due fronti

Hamas è sempre più impegnata sul fronte interno e su quello internazionale. Ieri il Times di Londra ha reso noto un rapporto secondo cui alcuni membri delle Brigate Ezzedin Al Qassam (braccio armato dell'organizzazione terroristica che governa dal 2007 la Striscia di Gaza, dopo il sanguinoso colpo di stato che ha esautorato dal potere gli amici-rivali di Al Fatah di Abu Mazen), alcune centinaia secondo un'altra fonte - sarebbero attivamente impegnate in Siria nell'addestramento del FSA, le forze paramilitari che si oppongono all'esercito regolare fedele ad Assad. Dunque non solo Hamas sostiene la causa dei ribelli, collaborando alla costruzione di tunnel che starebbero correndo sotto la stessa capitale siriana; ma ha un ruolo attivo in funzione di addestramento delle milizie che si oppongono al regime di Damasco.

venerdì 5 aprile 2013

Rende bene fare il terrorista

L'organizzazione non governativa NRG ha reso note oggi importanti rivelazioni sull'uso dissennato delle finanze da parte dell'Autorità Palestinese, che da un lato appare in vistosa difficoltà finanziaria, al punto da tardare i pagamenti delle retribuzioni nei confronti dei pubblici dipendenti; dall'altro destina più del 4% del suo bilancio al sostenimento finanziario dei detenuti nelle prigioni israeliane dopo regolare processo, e delle relative famiglie. I sussidi erogati ai terroristi palestinesi sono parametrati agli anni di detenzione da scontare, e risultano addirittura triplicati appena due anni fa.
I detenuti che scontano una pena compresa fra 5 e 10 anni ricevono un salario mensile di 4.000 shekel (NIS) al mese: circa 1.000 dollari, ben più della paga media mensile (2.700 NIS) di un poliziotto a Ramallah. I detenuti che scontano una pena di 25-30 anni ricevono ben 10.000 NIS al mese: ben più dei 9.000 NIS che rappresentano il salario medio di un lavoratore in Israele (molti dei quali provengono dallo stesso West Bank).

Pallywood prospera

L'economia palestinese mostra segni di miglioramento. Non solo il turismo internazionale si beneficia dello sviluppo di strutture ricettive sempre più lussuose, di centri commerciali fornitissimi e di mercatini rionali pieni di ogni bendiddio; ma ora i turisti possono anche godere di una mappatura dettagliata e in lingua inglese di Gaza e dell'intera Striscia, grazie alla quale si potranno ammirare le bellezze e la cultura locali.
Un impulso considerevole all'economia locale è fornito dall'industria della finzione cinematografica. E' la cosiddetta "Pallywood", che fornisce lavoro a schiere di figuranti, teatranti, comparse e tutto il corredo di cineoperatori, reporter, cameramen e distributori ai circuiti internazionali. Naturalmente, nel perfetto stile del neorealismo palestinese, buona parte di questi soggetti sono dilettanti, non ancora pienamente avezzi alle tecniche di recitazione. Capita così che talvolta fissino l'obiettivo, o forniscano materiale ai bloppers - sapete, i cacciatori di errori nei film, capaci di scovare un orologio al polsino sinistra, miracolosamente spostatosi al polsino destro pochi fotogrammi più avanti.

giovedì 4 aprile 2013

Lanciare pietre è pericoloso e censurabile; ma non quando le vittime sono israeliane

Ieri il quotidiano arabo in lingua ebraica Haaretz, pubblicato in Israele e disponibile anche in versione inglese, ha ospitato un articolo ripugnante in cui una specie di giornalista ha fornito patente di legittimità a coloro che bersagliano autoveicoli in transito per i territori palestinesi; meglio se condotti da israeliani. Questo, a poche ore dalla condanna di Waal al-Arja of Halhoul, che un anno e mezzo fa ha colpito con una pietra l'auto di Asher Palmer, nei pressi dell'insediamento di Kiryat Arba nel West Bank, cagionando la morte del conducente e di suo figlio di un anno; e a tre settimane dal tragico incidente in cui un veicolo pesante, colpito da un'altra pietra, ha travolto il mezzo su cui viaggiava Adva Bitton, la cui figlia, Adele, di tre anni, lotta tuttora con la morte in un letto di ospedale.