giovedì 24 gennaio 2013

Come l'Autorità Palestinese intimidisce gli elettori israeliani

di Khaled Abu Toameh*

I casi sono due: o l'Autorità Palestinese (AP) non sa cosa vuole da Israele, oppure è troppo preoccupata di ammettere che non dispone di un mandato per sottoscrivere un trattato di pace.
Quando al potere in Israele c'erano i partiti e i politici di Sinistra, la leadership dell'AP ha perso diverse occasioni per raggiungere la pace con Israele. E' successo almeno due volte negli ultimi tredici anni: quando l'allora primo ministro Ehud Barak fornì generose concessioni a Yasser Arafat a Camp David; e più tardi quando Ehud Olmert offrì ancora di più durante il suo mandato di primo ministro.
L'AP prima perse l'opportunità di raggiungere un'accordo con le coalizioni di centrosinistra, poi, quando la Destra salì al potere in Israele, si lamentò che non scorgeva un partner credibile per discutere di pace, invitando gli israeliani a non votare per Netanyahu.

Il persistente rifiuto dell'AP di sottoscrivere un accordo di pace ha minato alle fondamenta i partiti di sinistra in Israele, spingendo molti israeliani verso i partiti di destra come il Likud Beiteinu e Bayit Yehudi. Non importa affatto chi sia al potere in Israele: nessun leader palestinese dispone del mandato per negoziare, figurarsi per sottoscrivere un trattato di pace.
Il presidente dell'AP Mahmoud Abbas questo lo sa molto bene, ed ecco perché ricorre a mille giustificazioni per evitare di sottoscrivere un accordo di pace, a prescindere da chi detenga la maggioranza a Gerusalemme. Ciò però non ha impedito all'AP di immischiarsi in tutti questi anni negli affare interni di Israele.
Nelle ultime settimane l'AP ha, direttamente o indirettamente, sollecitato gli israeliani a non votare per il Primo Ministro Netanyahu e per i partiti di destra, argomentando che ciò sarebbe stato un voto contro la pace e la "soluzione dei due stati". In un tentativo di intimidire l'opinione pubblica, i politici palestinesi hanno invitato i giornalisti a Ramallah per inviare un monito agli elettori israeliani: «un voto a Netanyahu è un voto per la guerra e per il razzismo», ha avvisato Jibril Rajoub, dirigente di Fatah.
Ma mentre Rajoub e altri politici palestinesi cercavano di intimorire gli israeliani, al tempo stesso il portavoce dell'AP emetteva comunicati con cui enfatizzava che i palestinesi non si immischiano nelle questioni interne di Israele. Mahmoud Abbas, che in privato ha espresso irritazione per la rielezioni di Netanyahu, ha dichiarato in pubblico che i palestinesi «rispetteranno» le scelte dell'elettorato israeliano a prescindere da chi guiderà il prossimo governo.
Un altro segno del tentativo di Abbas di influenzare i risultati delle recenti elezioni, sono stati gli incontri tenuti nel suo ufficio con esponenti di diversi partiti israeliani di sinistra o filoarabi, fra cui Meretz. Persino esponenti di Hamas nelle ultime settimane hanno cercato di influenzare l'elettorato israeliano accennando ai «rischi» di una ascesa al potere da parte dei partiti di destra in Israele. Ma i palestinesi non sono stati gli unici in questo deprecabile esercizio.

Alla vigilia del voto la Lega Araba, in una mossa senza precedenti, ha emesso un comunicato con cui ha invitato i cittadini arabi di Israele a «presentarsi in massa ai seggi». Adottando le stesse argomentazioni dei palestinesi, la Lega Araba ha motivato il suo appello sostenendo che vi sarebbero indizi secondo cui la destra in Israele «non vuole la pace». Puntualmente, le intromissioni dei palestinesi e degli arabi negli affari interni di Israele hanno giocato a favore di Netanyahu e dei suoi alleati. Come in passato, quando gli israeliani sono persuasi dagli arabi a non votare per uno specifico partito, solitamente fanno il contrario.
Anziché intromettersi negli affari interni di Israele, Mahmoud Abbas dovrebbe preoccuparsi di promuovere le riforme da tempo attese dai palestinesi e indure immediatamente nuove elezioni. Ma Abbas è preoccupato di indire consultazioni per la presidenza e per il parlamento, perché sa benissimo che le perderebbe a vantaggio di Hamas. Per cui l'unica soluzione è di tornare al tavolo dei negoziati con Israele, a prescindere da chi guiderà il prossimo governo.

* Fonte: Gatestone Institute

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