mercoledì 5 dicembre 2012

Il principale ostacolo alla pace? una cinquantina di palazzi in periferia!

Si discute molto in questi giorni della rivitalizzazione di un vecchio progetto di espansione edilizia ad est di Gerusalemme, in un'area nota come "E1". Trattasi di un vecchio piano esistente dai tempi di Yitzhak Rabin, icona dei pacifisti di tutto il mondo e premio Nobel per la pace, rilanciato in questi giorni dal premier israeliano, all'indomani della decisione scellerata del leader dell'OLP Abu Mazen di recarsi all'ONU per sbriciolare il Trattato di Pace firmato ad Oslo nel 1993. Questa scelta ha avuto molteplici effetti collaterali sgradevoli, come già discusso; uno dei quali appunto è l'accantonamento della disponibilità di pervenire alla soluzione del Problema mediante discussioni bilaterali. Il governo di Gerusalemme già acconsentì nel 2010 a sospendere l'attività edilizia nelle zone contese per dieci lunghi mesi, ma tutto ciò che ottenne dall'altra parte fu un rumoroso silenzio: Ramallah non si degnò mai di sedersi al famoso "tavolo delle trattative", pretendendo una estensione del blocco dell'attività edilizia a pochi giorni dalla moratoria di dieci mesi.

Ora, nessuno davvero credeva che la pace sarebbe seguita ad una risoluzione dell'assemblea generale dell'ONU, ottenuta peraltro con il voto decisivo del blocco dei paesi "non allineati". E' commovente l'ingenuità - o la malafede - di alcuni capi di stato e di governo, che ingoiano il rospo di una demolizione degli Accordi di Oslo, e puntano il dito accusatore contro la decisione di costruire una cinquantina di abitazioni ad est di Gerusalemme. Come se questo fosse il reale motivo per cui la pace si allontana anziché avvicinarsi; sorvolando sull'ulteriore delegittimazione dell'ONU, che pretenderebbe con una risoluzione dell'assemblea generale di rovesciare una precedente risoluzione (la 242) del Consiglio di Sicurezza, che consentiva ad Israele di trattenere parte dei territori acquisti dopo la guerra difensiva del 1967.
La zona E1 è strategica, dal punto di vista israeliano, perché connette la cittadina di Ma'Aleh Adumin - che nessuno si sogna di abbandonare al suo destino: tutti sono concordi nel ritenerla parte dello stato israeliano, anche mediante scambi di territori con l'Autorità Palestinese. Su questo concorda anche la sinistra israeliana, solitamente poco tenera con il governo - con i quartieri orientali della capitale. Si creerebbe in tal modo un tessuto connettivo, un cordone sanitario che difenderebbe Gerusalemme da eventuali futuri attacchi.
L'argomentazione di parte palestinese è che la decisione di edificare nell'area E1 taglierebbe a metà il futuro stato palestinese. Ma ciò è del tutto fuori discussione: una volta saldata Ma'Aleh Adumin a Gerusalemme, l'area ad oriente sarebbe ampia una quindicina di chilometri: un "corridoio" che collega il nord al sud del West Bank, e che è di analoga ampiezza all'area che nel nord di Israele separa il confine palestinese dal Mediterraneo. Eppure nessuno ha mai denunciato che lo stato ebraico è diviso a metà per l'esiguità di questo corridoio di terra.
La polemica scoppiata in questi giorni, che consente di mettere in secondo piano la persistente brutalità del regime siriano, responsabile della morte di 43 mila persone, le proteste scoppiate al Cairo dopo l'assunzione dei pieni poteri da parte del presidente Morsi, e la corsa sempre più frenetica all'Atomica iraniana; appare sterile e pretestuosa. Spesso, risulta alimentata proprio da chi, con il proprio voto alle Nazioni Unite, ha avallato la decisione di cancellare la road map del processo di pace delineata dagli Accordi di Oslo, che il presidente dell'OLP ha cestinato pochi giorni fa.
Sulla questione dell'E1, è interessante leggere la testimonianza di Paula R. Stern, rilasciata lunedì sul blog del quotidiano Times of Israel.

Dopo una lunga giornata di lavoro, sono stata raggiunta telefonicamente da mia madre, indignata dalla condanna di Israele da parte di Inghilterra, Francia e Germania, che addirittura starebbero per ritirare le loro delegazioni diplomatiche. Per quale motivo il mondo è così adirato?
No, non è per la Siria e la violenza che la insanguina (oltre 43.000 morti da marzo dell'anno scorso, NdT); non è l'Afghanistan e tantomeno l'Iran. Non stanno condannando la decisione della televisione turca di censurare i Simpson perché addirittura blasfemi. E non è nemmeno per la proposta in Ungheria di schedare gli ebrei come si farebbe con il bestiame, ne' per le navi da guerra che dall'Iran salpano verso il Sudan.
E' tutto per una montagna che si colloca fra Ma’aleh Adumim e Gerusalemme, fra la città dove lavoro, e quella dove vivo assieme a mio marito e ai miei bambini. Un giornale erroneamente ha sostenuto che le abitazione da costruirsi nel distretto E1 taglierebbero a metà il West Bank. Mi chiedo cosa ci vuole per mettersi in macchina da Gerusalemme e andare a controllare questa sciocchezza: basterebbero tre minuti.
Ciononostante, un paese dopo l'altro si è accodato, accusando Israele di danneggiare la possibilità di una pace. Di quali possibilità stiamo parlando? non ci posso credere. Soltanto due settimane fa eravamo in guerra. Sul tavolo non c'è alcuna prospettiva di pace. Anzi, non c'è alcun tavolo.
Stiamo parlando di una montagna. Non molto alta: più bassa di quelle circostanti. E' pressoché disabitata, tranne che per una strada che si snoda toccando una stazione di polizia che lì è stata costruita. Nessuno ci vive, ne' mai ci ha abitato. Alcuni alberi, molti sassi e una rotatoria: tutto qui.
E qual è la storia di questo piccolo appezzamento di terra (12 chilometri quadrati: un rettangolo di 3x4 chilometri, NdT)? come molti dei territori che alcuni individuano come "West Bank", la terra una volta era parte dell'impero ottomano: non c'erano villaggi, ne' abitazioni, ne' tracce di vita. Non c'era nemmeno l'acqua. Di tanto in tanto pecore e capre pascolavano a valle di questa collina, ma niente di più. Agli ottomani succederono gli inglesi, ma più che cammelli e ovini da queste parti non si sono visti.
Negli anni '20, il Regno Unito tagliò i 2/3 della Palestina mandataria e lo conosegnò agli Hashemiti, dando vita allo stato di Giordania. Il rimanente terzo fu "amministrato" (diciamo meglio colonizzato) dal Regno Unito fino al 1947: in quest'area era inclusa E1. Nel 1948 gli arabi preferirono la guerra alla pace, e la morte alla vita. Attaccarono (il neonato stato di Israele, NdT) e persero; ma trattennero E1, la terra deserta fra il confine orientale di Gerusalemme e la riviera di ponente del fiume Giordano.
Hanno detenuto il West Bank per 19 anni, e nel frattempo non si sono mai sognati di proclamarvi uno stato palestinese.
Nel 1964, l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina fu istituita per - così dicono - "combattere" l'occupazione iniziata nel 1967: uno straordinario caso di lungimiranza, a ben vedere.
Nel 1967 era chiaro che l'Egitto e la Siria si accingevano ad attaccare: lo si scorgeva dalla retorica minacciosa dei rispettivi leader. Israele sorprese entrambi con un attacco preventivo, e inviò un chiaro messaggio alla Giordania: «non abbiamo nulla contro di voi, restate fuori dal conflitto. Non vi attaccheremo». I giordani rispedirono al mittente il messaggio: a parole, e a fatti.
Attaccarono, come fecero nel 1948, e ancora una volta, persero.
Questa volta, E1 passò ad Israele. Di proprietà statale sotto i turchi, di proprietà statale sotto i giordani, e ora di proprietà statale sotto gli israeliani, quest'area non è mai stata palestinese. Fino a pochi anni fa, non c'erano costruzioni di sorta. Adesso si pensa di costruirvi delle case.
La storia di E1 è molto semplice: non è altro che una montagna che si colloca fra Ma’aleh Adumim e Gerusalemme. Gli arabi abitualmente attraversano l'autostrada che collega Ma’aleh Adumim al Mar Morto: una strada che resterà intatta al suo posto. Non ci sono bisezioni, non ci sono blocchi, non ci sono alterazioni nel transito. Se qualcuno avesse la compiacenza di farci una capatina, non ci capirebbe niente perché non vi è nulla da capire. Non è certo un "ostacolo alla pace": è solo una montagnetta, presto rivitalizzata e sviluppata.

Questa è la storia di E1, tranne per un aspetto che il mondo trascura. Prima dei giordani, prima degli inglesi, prima degli ottomani, prima dei romani, la terra era come oggi è degli ebrei. Apparteneva all'antica Terra di Israele: appartiene alla moderna Terra di Israele.
Per quanto concerne quegli stati che sostengono che Israele minaccia la pace: dov'erano due settimane fa, quando correvo con i miei bambini per proteggermi in un rifugio antimissile in cemento armato? perché mio figlio maggiore ha dovuto abbandonare la moglie per proteggere l'Israele meridionale dagli attacchi terroristici? di questo il mondo dovrebbe indignarsi: di tre milioni di persone sotto costante attacco! invece, hanno premiato i palestinesi alle Nazioni Unite, e adesso minacciano di sanzionare Israele.
E' evidente che il mondo sostiene la questione palestinese, ma è Israele che alla fine dovrà convivere con questa realtà. Ma lo farà alle nostre condizioni.
Noi costruiremo e il mondo urlerà. Ma abbiamo imparato che il mondo urla facilmente per le questioni minori, ignorando le questioni di cruciale importanza. In Siria si muore ogni giorno a diecine, ma perché parlarne? discutiamo di una collinetta arida e deserta su cui Israele pensa di costruire abitazioni per tutti, un centro sociale e una scuola. Ve lo immaginate? una scuola proprio lì! ecco per che cosa protesta e minaccia oggi il mondo...


1 commento:

  1. Infatti è ora che Israele smetta di chiedere al mondo, ottuso e antisemita da sempre, se può vivere o no!
    Continuare a fare i conti con chi non aspetta l'altro che una nuova shoa e' Una scelta idiota e controproducente.
    Lo è anche contro la Torah!
    Kol hakavod per questo blog! (forse il migliore in lingua italiana)

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