martedì 13 novembre 2012

Chi era Ofir Rahum

Ofir Rahum viveva ad Ashkelon. Ofir un giorno trovò sul computer un messaggio di una ragazza palestinese più grande che viveva a Ramallah. Senza dirlo a nessuno, si mette i vestiti migliori e prende il primo autobus. La ragazza lo viene a prendere a Gerusalemme. Non capisce neppure che la macchina è entrata a Ramallah, in territorio palestinese.
E' difficile descrivere quello che gli fecero. Era ebreo, innocente, povero e ingenuo. Fu scelto per questo, «legna da ardere all'inferno» secondo la propaganda dei fondamentalisti islamici. Lo assalgono e gli sparano. Trascinano il corpo e lo legano al cofano dell'auto, poi si dirigono verso la città. Poi si disfano del cadavere.
Finisce così la vita di un ragazzino ebreo di sedici anni. Perché la storia di Ofir non è stata elevata a esempio di cosa può fare l'odio etnico-religioso?

Giulio Meotti, Non smetteremo di danzare. Lindau, 2009.

E se non bastasse questa sintetica descrizione dell'odio allo stato puro, chiarisce meglio Wikipedia. Che ricorda l'entusiasmo con cui la omicida organizzò l'assassinio di Ofir, l'assoluta mancanza di rimorso, il rilascio avvenuto poco più di un anno fa in seguito alla liberazione di Gilad Shalit, e infine gli onori tributatigli da Abu Mazen. Che si appresta di nuovo a chiedere il riconoscimento di stato palestinese da parte dell'ONU.
Anche gli assassini dei due riservisti israeliani linciati a Ramallah sono stati scarcerati un anno fa.
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