domenica 2 settembre 2012

I milionari di Gaza

C'era una volta un lembo di terra, talmente sottile da essere definito "striscia": la Striscia di Gaza. Una terra povera, sotto la dominazione egiziana, fino a quando la Guerra dei Sei Giorni del 1967 comportò il passaggio della Striscia sotto la giurisdizione israeliana. L'economia e il tenore di vita migliorarono: gli insediamenti ebraici avviarono nuove e fiorenti attività commerciali, che diedero lavoro e benessere a diecine di migliaia di arabi. Dove c'era il deserto fiorirono serre e vivai. Questo fino al 2000, quando scoppiò la Seconda Intifada che esasperò il terrorismo palestinese nei confronti della popolazione civile israeliana. Nel 2005 lo sgombero da Gaza, nel 2007 l'ascesa al potere da parte dei fondamentalisti islamici di Hamas, che trasformarono serre in trincee, e edifici pubblici in piattaforme di lancio missilistiche. L'economia precipitò, le risorse finanziarie furono destinate all'acquisto di armi e munizioni, e la popolazione sprofondò nella miseria.
Le aggressioni pressoché quotidiane indussero le autorità di governo di Gerusalemme a correre ai ripari, istituendo un blocco navale al largo delle coste di Gaza, finalizzato ad impedire l'arrivo di nuovi armamenti. Ciò non ha impedito il potenziamento degli arsenali di Hamas e di altre formazioni terroristiche, grazie alle centinaia di tunnel illegali scavati al confine fra la Striscia e l'Egitto, ma ha nondimeno alimentato la retorica della "crisi umanitaria", sapientemente alimentata da media simpatizzanti per l'opera di annichilimento sionista portata avanti da Hamas. Due anni fa il colpo di scena: dopo una approfondita indagine, l'ONU ha riconosciuto in un rapporto dettagliato che a Gaza non vi è alcuna crisi umanitaria: generi alimentari, medicinali, materiali da costruzione, abiti e tessuti, prodotti high-tech e persino beni di lusso, pervengono periodicamente a Gaza per il tramite dei valichi israeliani di Kerem Shalom e di Eretz, che spesso hanno sopperito alla improvvisa chiusura del valico egiziano di Rafah. Anzi, di generi di lusso ne arrivano sospettosamente sin troppi...
Si scopre oggi che i milionari a Gaza abbondano: sono circa 600. I centri commerciali sono sempre più affollati di acquirenti e di mercanzia, le concessionarie d'auto di lusso, sono aperte anche al sabato, si aprono sempre più ristoranti e alberghi di lusso e i mercatini rionali straripano di prodotti. La "denuncia" proviene da una fonte insospettabile di partigianeria: è il quotidiano in lingua araba "Asharq Al-Awsat" a sostenerlo, con dovizia di particolari. Casomai, rivela il quotidiano che cita un ex alto ufficiale dell'Autorità Palestinese, le condizioni di vita dei residenti sarebbero molto migliori se non vi fosse il regime autoritario e temuto di Hamas, salita al potere con un colpo di stato con cui ha esautorato brutalmente i rivali di Al Fatah, e che da anni non tiene libere elezioni nel timore di perderle (a favore, peraltro, di organizzazioni ancora più radicali).
Hamas ottiene 1/4 delle entrate proprio dal commercio illegale al confine con l'Egitto: ogni auto che entra nella Striscia paga un dazio di 2000 dollari e una sovrattassa pari al 25% del prezzo. Dazi sono imposti anche su cemento, su sigarette e sui combustibili di ogni tipo. Si capisce bene perché il primo ministro Ismail Haniyeh avversi la decisione del neo-presidente egiziano Morsi di sigillare i tunnel clandestini. Si capisce meno perché ancora oggi qualche giornali si ostina a parlare di crisi umanitaria in una terra dove il denaro abbonda: casomai, è (molto) mal distribuito. In effetti i palestinesi si libererebbero ben volentieri di Hamas, e molti avversano la sua aggressività nei confronti del vicino Israele; ma purtroppo da queste parti la democrazia è talmente avanzata che non c'è bisogno di tenere libere elezioni più di una volta...

Nessun commento:

Posta un commento