venerdì 31 agosto 2012

Neanche Hamas resiste all'uva sionista!

Da notare a sinistra dell'immagine il ragazzino palestinese che sgranocchia uno snack israeliano.

H/t: Elder of Ziyon.

giovedì 30 agosto 2012

Le "Rachel" dimenticate

La sentenza del tribunale di Haifa che sostanzialmente ha riconosciuto la colpevolezza di Rachel Corrie, la cittadina americana che ha cercato e trovato la morte collocandosi davanti ad un bulldozer a Rafah, Striscia di Gaza, nel 2003, mentre cercava di impedire la distruzione di immobili usati dai terroristi come piattaforme di lancio di missili contro la popolazione civile israeliana; ci fa ricordare la diversa memoria riservata ad altre Rachel, che la morte non l'hanno mai cercata, ma l'hanno invero subita per mano delle organizzazioni terroristiche a cui era ed è affiliata l'ISM, che ha finanziato e incoraggiato il suicidio della Corrie. Queste donne non avranno mai un processo in cui sarà chiarita la responsabilità della loro morte, non beneficeranno mai del riconoscimento di un campo sportivo, di una imbarcazione, di un monumento ad esse dedicato. Forse perché ebree. Fossero state palestinesi, fossero state fiancheggiatrici del terrorismo, avrebbero beneficiato di ben diversa sorte.

- Rachel Levy (17 anni, saltata in aria in un negozio di alimentari);
- Rachel Levi (19 anni, colpita mentre attendeva un autobus);
- Rachel Gavish (uccisa con suo marito, figlio e padre mentre celebrava il pranzo di Pasqua);
- Rachel Charhi (esplosa in aria mentre era in un caffé a Tel Aviv. Ha lasciato tre figli);
- Rachel Shabo (uccisa nella sua abitazione assieme ai suoi tre figli di 5, 13 e 16 anni);
- Rachel Ben Abu (16 anni, morta in una esplosiozne all'ingresso di un centro commerciale di Netanya);
- Rachel Kol, 53 anni, impiegata di un ospedale di Gerusalemme, uccisa assieme al marito in un attentato terroristico palestinese a luglio 2005 pochi giorni dopo l'attentato di Londra;
- Rachel Sela, 82 anni, uccisa il giorno prima della festività del Purim il 4 marzo 1996, quando un attentatore suicida palestinese si fece esplodere al Dizingoff Center, Tel Aviv;
- Rachel Tajgatrio, 83 anni, rimasta vittima dell'esplosione di due bombe al mercato "Machaneh Yehuda" di Gerusalemme il 30 luglio 1997;
- Rachel Thaler, 16 anni, di Ginot Shomron, morta in seguito alle ferite riportate dopo l'attentato terroristico palestinese del 27 febbraio 2002, che fece 3 vittime e 30 feriti;
- Rachel Tamari, 61 anni, uccisa il 24 luglio 1995 dalla bomba palestinese piazzata sulla linea numero 2 del bus di Ramat Gan. assieme a 6 israeliani, mentre diverse diecine rimasero feriti;
- Rachel Drouk, 35 anni, madre di sette figli della comunità di Shilo, uccisa da un cecchino palestinese mentre partecipava ad una manistazione il 28 ottobre 1991;
- Rachel Weiss, 26 anni, incinta e madre di tre bambini, uccisi tutti da un terrorista palestinese che scagliò contro la loro abitazione una bomba molotov il 31 ottobre 1988;
- Rachel Weiss, 69 anni, accoltellata a morte da un terrorista palestinese inviato presso la sua abitazione dallo sceicco Ahmed Yassin come prova di coraggio per l'ingresso in Hamas (3 agosto 1988);
- Rachel Munk, 24 anni, sposata da sei settimane, uccisa con il marito mentre erano in auto in un attacco terroristico il 26 luglio 1996;
- Rachel Stern, 8 anni, accoltellata a morte assieme alla madre, mentre consumavano una colazione nella loro casa di Kiryat Shmona l'11 aprile 1974. In quell'attacco per mano palestinese perirono 16 persone;
- Rachel Afita, 16 anni, uccisa da terroristi palestinesi nell'Israele settentrionale il 15 maggio 1974;
- Rachel Lev, 50 anni, uccisa da un attentato terroristico palestinese il 23 ottobre 1969, quando cinque bombe furono fatte esplodere ad Haifa, uccidendo sette persone, fra cui il marito e il figlio;
- Rachel Mizrachi, 38 anni, accoltellata a morte da terroristi arabi nella sua casa a Tiberiade il 2 ottobre 1939.

Fonte: Muqata Blog
(sono riportati i link ai siti che descrivono ogni assassinio)

mercoledì 29 agosto 2012

L'ipocrisia dei "filo-palestinesi"

di Hisham Jarallah

Un centinaio di attivisti "filo-palestinesi", provenienti da diversi paesi, sono atterrati in Giordania negli ultimi giorni. Gli attivisti:
- non sono arrivati in Giordandia visitare o aiutare i profughi palestinesi o siriani, che vivono in condizioni deprimenti al confine fra Giordania e Siria;
- ne' per raccogliere informazioni di prima mano sui massacri quotidiani che si registrano nella vicina Siria. Fosse stato questo il loro intento, i "filo-palestinesi" avrebbero potuto intervistare diecine di siriani e palestinesi che hanno subito la violenza del regime siriano, ascoltando storie terrificanti su come l'esercito di Assad macella i civili, inclusi donne e bambini;
- ne' per prostare contro la politica ufficiale del regno di Giordania di discriminazioni ai danni dei palestinesi: un argomento che solleva dure condanne dagli stessi giordani;
- ne' per manifestare contro la recente decisione del governo di imporre dure restrizioni alla libertà di informazione;
- ne' per apprendere delle dure condizioni in cui versano i palestinesi nei campi profughi in Giordania;
- ne' per protestare contro la decisione del governo giordano di revocare la cittadinanza a diecine di migliaia di palestinesi;
- ne' per apprendere come migliaia di palestinesi siano stati espulsi negli ultimi anni dall'Arabia Saudita e da altri stati arabi;
- ne' per protestare contro la condizione dellla sotto il regime di Hamas nella Striscia di Gaza;
- ne' per protestare contro il trattamentto riservato dall'Autorità Palestinese a giornalisti e blogger.
E non sono atterrati in Giordania perché hanno programmato una visita in Libano, per accertarsi delle condizioni di apartheid in cui vivono i palestinesi, e delle restrizioni che impediscono loro di accedere a diverse professioni.

Al contrario, questi militanti hanno speso centinaia di migliaia di dollari in una missione il cui unico obiettivo e di provocare Israele; disinteressandosi dei palestinesi.
Gli attivisti sono arrivati in Giordania nell'ambito del programma "Benvenuti in palestina", con cui si chiede il "diritto al ritorno" per milioni di palestinesi ai villaggi e alle città in cui hanno vissuto i loro nonni e bisnonni.
Sono arrivati in Giordania sapendo che Israele non avrebbe consentito loro di attraversare l'Allenby Bridge per entrare nel West Bank. Ciononostante, sono volati in Giordania per poter poi accusare Gerusalemme di aver loro impedito di esprimere solidarietà ai palestinesi.
Gli organizzatori di queste campagne ostili nei confronti di Israele sostengono che il loro intento è quello di donare oggetti di cancelleria ai bambini palestinesi. Ma chi ha mai detto loro che i bambini del West Bank siano privi di zainetti, matite e righelli? nemmeno l'Autorità Palestinese o l'UNRWA ha mai denunciati la carenza di questi oggetti.

Ancora una volta, risulta evidente che alcuni americani ed europei che sostengono di essere "filo-palestinesi" sono in realtà solamente odiatori di Israele. Questi attivisti hanno un conto aperto con Israele. Per essi, la questione palestinese è solo un mezzo per vomitare il loro odio verso Israele, ossia verso gli ebrei. E' il vecchio antisemitismo adeguato ai tempi moderni.
Per molti di essi, i leader palestinesi come Mahmoud Abbas e Salam Fayyad sono traditori, poiché affermano di credere nella soluzione "due stati per due popoli", sforzandosi di cooperare con il governo israeliano.
I palestinesi hanno bisogno del supporto di persone che credono nella democrazia, nella moderazione e nella coesistenza con Israele. E' giunta l'ora che i "filo-palestinesi" lascino in pace i palestinesi, e cerchino un altro pretesto per avanzare il loro messaggio di odio e di violenza.

Fonte: Gatestone Institute

martedì 28 agosto 2012

Processare i responsabili della morte di Rachel Corrie

Il tribunale di Haifa ha dunque rigettato la richiesta di indennizzo presentata dalla famiglia di Rachel Corrie, cittadina americana e militante dell'International Solidarity Movement (ISM) - l'organizzazione con affiliazioni ad Hamas, alla Jihad Islamica e altre formazioni terroristiche - rimasta uccisa dalla manovra di un carro armato israeliano a Rafah, Striscia di Gaza, nel 2003. Il tribunale ha proclamato la non colpevolezza dell'esercito israeliano e ha respinto la richiesta di risarcimento danni, condonando le spese legali. Il conducente del blindato non poteva vedere la Corrie, nascosta alla sua visuale, e la sua morte è stata una tragica fatalità, benché autoprovocata. Ma facciamo un passo indietro e ricordiamo come si svolsero gli eventi.
Siamo in tempi della "Seconda Intifada", la guerriglia quotidiana con ogni mezzo dei palestinesi ai danni della popolazione civile israeliana. Svariati gli attentati terroristici nei bar, nelle pizzerie, nelle piazze, nelle stazioni dei bus e nei luoghi pubblici frequentati dalle famiglie israeliane. Centinaia le vittime.
Rachel Corrie era giunta a Gaza per ostacolare l'esercito, impegnato a rimuovere le postazioni da cui i terroristi palestinesi lanciavano gli attacchi contro la popolazione civile israeliana. Hamas non ha mai esitato ad usare i tetti delle case e delle scuole come rampe di lancio dei missili (costringendo la popolazione civile ad assistere da vicino nella prevedibile eventualità di renderla vittima sacrificale della risposta dall'altra parte del confine), e le moschee e i luoghi di culto come depositi di munizioni. All'epoca la Striscia di Gaza era sotto il controllo di Israele, uscito vittorioso dalla Guerra dei Sei Giorni con cui aveva sconfitto l'Egitto che fino al 1967 controllava la Striscia. Due anni dopo il governo di Sharon avrebbe ordinato unilateralmente il doloroso sgombero da Gaza: una decisione lacerante e che ha fatto molto discutere. Si fa fatica a non concordare con chi lamenta l'intensificarsi degli attacchi ai danni della popolazione civile israeliana dopo quella decisione. Ma non divaghiamo...

Nessuno può dubitare dell'equilibrio e dell'imparzialità dei giudici israeliani. Il presidente della Corte Suprema è stato in passato arabo, e he qualche mese fa è stato condannato l'ex presidente della repubblica per stupro (presidente della corte ancora un giudice arabo). Non si insabbia niente, e i colpevoli sono sempre consegnati alla giustizia, senza riguardi per alcuno. I familiari della Corrie sapevano bene che la giustizia israeliana è imparziale, quando si sono rivolti al tribunale di Haifa.
Casomai sul banco degli imputati deve essere messo l'ISM, l'organizzazione che ha usato la Corrie senza esitazioni come scudo umano. La Convenzione di Ginevra difatti attribuisce a chi si serve di scudi umani la responsabilità della loro vita. L'ISM, a cui apparteneva Rachel Corrie, era specializzata in attività di fiancheggiamento e di finanziamento del terrorismo, e non badava a mettere a rischio la vita dei suoi aderenti per ostacolare l'attività di rimozione delle minacce per la popolazione civile israeliana. Thomas Saffold, co-fondatore dell'ISM, considera la sua organizzazione di natura para-militare, e al pari degli eserciti ufficiali, dice, "non bisogna esitare come generali a mandare le truppe a farsi ammazzare".

La poverina, in verità un po' invasata, sapeva i rischi a cui andava incontro, e più volte è stata allontanata assieme ad altri militanti dell'ISM. C'erano ben tre barriere all'entrata dell'area, che in precedenza era stata dichiarata zona di guerra, chiusa ai civili. Gli Stati Uniti in precedenza avevano ammonito i propri cittadini a non recarsi nella Striscia di Gaza. Ma la Corrie ha una scarsa stima dello stato dal quale proveniva, a giudicare dall'abitudine di bruciare il vessillo a stelle e strisce. E' sfuggita ai controlli e si è piazzata davanti ad un carro armato.
Come ha chiarito il giudice, ha cercato la morte con le sue mani. La visuale di quei veicoli è piuttosto limitata. Rachel invece vedeva benissimo il pericolo incombente, e ha scelto la morte. Circostanza tragica di un periodo drammaticamente turbolento: appena dieci giorni prima, un attentatore suicida fece saltare in aria un autobus proprio ad Haifa, a pochi chilometri da dove è stata letta la sentenza questa mattina: 16 morti, in gran parte giovani, e diversi feriti. Il terrorismo insanguinava il Medio Oriente da anni, e per diversi anni uomini, donne e bambini sarebbero morti: fino al completamento della costruzione dello Scudo Difensivo.
Si prova dolore per una giovane vittima spezzata, ma il processo va riaperto: questa volta, nei confronti dei responsabili della sua morte: l'ISM, che ha organizzato la sua folle spedizione suicida.

lunedì 27 agosto 2012

Siamo tutti con Aya

L'ostilità quotidiana che il regime di Hamas manifesta nei confronti della popolazione civile israeliana - 27 razzi, missili e colpi di mortaio lanciati nell'ultimo mese; 533 dall'inizio dell'anno - non esclude momenti di grande umanità e solidarietà. Nei giorni passati diecine di migliaia di palestinesi hanno potuto varcare il confine israeliano e recarsi in visita a Gerusalemme, a Tel Aviv e ad Haifa. Spontaneamente, allegramente, pacificamente. Musulmani hanno potuto mischiarsi ad ebrei nei centri commerciali, per le vie della città, sulle spiagge, senza alcun incidente.
Si è trattato di un gesto significativo, pur tenendo conto dei rischi a cui sono sottoposte le famiglie israeliane: il ricordo degli attentati suicidi, delle bombe fatte deflagrare nei bar e nei luoghi pubblici è ancora vivido. Ma ciò non impedisce di prestare soccorso a chi ne ha bisogno.

Il canale televisivo "Channel 2" si è occupato del caso di Aya, una bambina palestinese di appena 6 anni, malata di leucemia ad uno stadio avanzato. La bambina è ricoverata da tre mesi presso una clinica israeliana. Il suo desiderio era di lasciare per un giorno la sua cameretta per conoscere il mare. Il caso di Aya è disperato, le cure non sortiscono gli effetti desiderati, e l'umore della bambina e della sua famiglia è sempre più depresso.
L'intervento di un'ambulanza con la stella di David ha permesso di realizzare il suo desiderio, e dopo un'ora di viaggio sono arrivati a Tel Aviv - Jaffa. Qui la piccola Aya è tornata a gioire: le onde delicate del Mediterraneo hanno accarezzato le sue piccole gambe, ha ritrovato l'umore giusto per cantare, e si è concessa in serata una pizza. E' tornata a sorridere. E noi con lei. Tanti cari auguri, piccola.

Quanto vale l'economia illegale?

Oggi, primo giorno di scuola in Israele, due milioni di bambini sono stati salutati da un lancio di missili e granate dalla Striscia di Gaza. Particolarmente colpite le aree attorno a Sderot. Costretti a trovare rifugio negli shelter antimissile bambini, familiari e insegnanti. E' il modo palestinese per inaugurare il nuovo anno scolastico...
Per fortuna armi e munizioni arrivano a Gaza con minore abbondanza, da quando le pattuglie della marina israeliana sorvegliano le coste al largo per impedire i rifornimenti delle organizzazioni terroristiche di stanza nella Striscia. Ma ciò ovviamente non impedisce ad Hamas, alla Jihad Islamica, al PCR, al FPLP e alle sigle del terrore di approvvigionarsi di bombe e munizioni dal vicino Egitto.
L'atteggiamento del nuovo governo del Cairo è ambiguo. Se da un lato il presidente Morsi dichiara di voler estirpare il terrorismo che ha preso possesso del Sinai, dall'altro calpesta un trattato di pace che dichiara smilitarizzata la penisola dopo gli Accordi di Camp David del 1979. Da un lato tende la mano ad Hamas, filiazione diretta dei Fratelli Musulmani usciti vincitori dalle recenti elezioni; dall'altro continua a sigillare il migliaio di tunnel illegali che collegano l'Egitto alla Striscia di Gaza.
Secondo una stima di YnetNews, ogni anno attraversano illegalmente il confine beni per 800 milioni di dollari. La circolazione avviene in ambo le direzioni, poiché in Egitto pervengono attraverso Gaza beni prodotti in Israele, di cui gli egiziani sono grandi estimatori; al punto da arricchire i contrabbandieri che attraversano i tunnel. Un rapido calcolo suggerisce che 1/5 delle entrate di Hamas proviene da un "dazio" che l'organizzazione esige sulle merci che entrano nella Striscia passando per i tunnel nei pressi del valico di Rafah. Osservatori smaliziati rilevano che a saltare in aria per mano dell'esercito del Cairo sono stati soltanto i tunnel "indipendenti", quelli più piccoli e meno significativi; intoccati sono rimasti invece i tunnel sotto il diretto controllo di Hamas.

domenica 26 agosto 2012

Gli israeliani accolgono i palestinesi


di Khaled Abu Toameh

Per diversi anni i palestinesi si sono lamentati circa le restrizioni che hanno impedito loro di entrare liberamente in Israele. Ma durante il mese santo del Ramadan, in un gesto senza precedenti, le autorità israeliane hanno consentito l'ingresso a decine di migliaia di palestinesi del West Bank.
Senza richiedere alcun permesso, centinaia di migliaia di musulmani sono entrati a Gerusalemme per la preghiera del venerdì alla moschea di Al Aqsa. Molti palestinesi, particolarmente avezzi allo shopping, hanno salutato con favore il gesto, dando un contributo significativo al commercio locale.
Ma la mossa che ha irritato Hamas e l'Autorità Palestinese è stata quella di consentire di entrare liberamente nel resto di Israele: per la prima volta dopo diversi anni, ricordando ciò che succedeva ai bei vecchi tempi - quando i palestinesi erano liberi di entrare in Israele, di frequentarne le spiagge di Tel Aviv e Jaffa, e di affollarne i centri commerciali e i parchi acquatici.
Le scene di palestinesi che hanno passato delle giornate spensierate sulle spiagge e nelle vie dello shopping israeliano hanno urtato Hamas e l'AP. La prima teme che l'allentamento delle restrizioni possa addolcire i palestinesi, proprio nel momento in cui il movimento terrorista è all'opera per reclutare nuovi seguaci, in special modo nel West Bank. Hamas preferisce avere a che fare con palestinesi che vivano in miseria e disperazione, onde riuscire più facilmente nel proselitismo e nel reclutamento di terroristi.
L'Autorità Palestinese, dal suo canto, accusa ora Israele di sabotare l'economia palestinese consentendo alla sua gente di dedicarsi allo shopping e al tempo libero. Alcuni membri del governo a Ramallah arrivano addirittura a parlare di "cospirazione" finalizzata a minare alle fondamenta l'AP. Altri sono ostili perché ciò porterebbe ad un processo di normalizzazione, che secondo alcuni vertici rappresenterebbe un crimine (all'inizio dell'anno il governo palestinese del West Bank ha espulso il preside di una scuola che ha condotto una classe in vacanza a Tel Aviv).
Per anni l'AP ha chiesto al governo di Gerusalemme di allentare le restrizioni alla libera circolazione dei palestinesi in territorio israeliano. Ora che Israele consente a diecine di migliaia di musulmani di visitare i suoi luoghi, scatta la denuncia di attentare all'economia palestinese...
Ciò che è chiaro è che ne' l'AP ne' Hamas auspicano che i palestinesi siano felici. Il miglioramento delle condizioni di vita è qualcosa che queste due fazioni non prendono in considerazione. Piuttosto essi preferirebbero che i palestinesi rivolgano tutta la loro frustrazione e la loro rabbia verso Israele. In caso contrario, è il timore, i palestinesi potrebbero rivolgere questi sentiment verso i loro governanti.

Fonte: Gatestone Institute.

L'OLP accusa l'Iran di essere filosionista!

Dura presa di posizione dell'OLP, e in parole povere dell'Autorità Palestinese che amministra i territori di Giudea e Samaria (West Bank; una volta: cisgiordania) dopo gli accordi di Oslo del 1993. La materia del contendere l'invito che da Teheran ha raggiunto sia l'AP, embrione di un futuro stato palestinese; sia Hamas, che di fatto governa la Striscia di Gaza dal 2007, due anno dopo lo sgombero israeliano, un anno dopo il sanguinoso colpo di stato con cui fu esautorato il partito rivale Al Fatah, che amministra oggi Ramallah.
Il primo ministro di Ramallah, Salam Fayyad, denuncia il tentativo iraniano di attentare all'unità palestinese, invitando una fazione che a suo dire non ha alcun potere di rappresentanza. Un membro di Al Fatah di recente ha accusato Hamas di trescare con Israele in modo da favorire l'annesione di Gaza all'Egitto, forse contando sul fatto che l'organizzazione terrorista che controlla la Striscia è una diretta emanazione dei Fratelli Musulmani che ora comandano al Cairo.
Inutile ricordare la scarsa legittimità di entrambi i governi: sia l'Esecutivo di Ramallah, che quello di Gaza, risultano decaduti da due-tre anni. Elezioni generali non si tengono da tempo per convenienza politica. Voci e accordi di collaborazione sono proclamati un giorno e accantonati il giorno successivo. Ma ciò non impedisce ad uno dei due contendenti di ragguiungere sublimi vette di comicità, quando accusa l'Iran di essere fiancheggiatrice di Israele...

giovedì 23 agosto 2012

A Gaza dilaga la corruzione di Hamas

A Ramallah ci sono rimasti molto male. Il partito di Abu Mazen, che governa il West Bank anche dopo il 2010, quando avrebbero dovuto tenersi elezioni per il rinnovo delle istituzioni democratiche (Al Fatah teme di perderle a favore di Hamas, e ignora la banale regoletta che vuole il rinnovo dei parlamenti e dei governi ogni 4-5 anni; da queste parti, si sa, le elezioni basta tenerle una volta e per sempre...), ha stigmatizzato la lettera che il ministro degli Esteri di Gerusalemme ha inviato al Quartetto (ONU, USA, Unione Europea e Russia). Nella missiva, Lieberman lamenta lo stallo del processo di pace a causa dell'indecisionismo di Abu Mazen, presidente dell'Autorità Palestinese non rinnovata nelle sue istituzioni democratiche da più di due anni. Il ministro israeliano sottolinea i numerosi casi di vessazioni e maltrattamenti da parte della popolazione palestinese ad opera delle stesse autorità di Ramallah, sempre più risolute a soffocare il malcontento e la critica ad opera di cittadini, giornalisti e blogger.
La corruzione è figlia dell'incancrenimento delle istituzioni democratiche. E' tipico di un governo che diventa regime. E' una muffa inevitabile se il popolo non è chiamato ad esprimere la propria preferenza. Era l'accusa più frequentemente rivolta nei confronti di Arafat e del suo partito (Al Fatah), esautorato nel 2006-2007 dalla Striscia di Gaza; ma a ben vedere è la stessa accusa velatamente mossa nei confronti del movimento estremista islamico che da più di cinque anni governa in solitudine la Striscia, e che esita a tenere nuove elezioni - mentre sollecita l'apertura delle urne in Cisgiordania - nel timore di perdere il potere a favore di organizzazioni ancora più estremiste e rivali.
Si apprende infatti che un recente sondaggio indica nel 70% la percentuale di palestinesi che giudica corrotto il governo di Abu Mazen nel West Bank. Il medesimo sondaggio, condotto a Gaza, rivela che il 57% dei palestinesi condanna il governo di Ismail Haniyeh, salito al potere proprio con un manifesto di condanna della corruzione dei rivali di Al Fatah.
Indagare sul movimento terroristica che governa l'enclave palestinese non è semplice e privo di rischio: Hamas maltratta (è un eufemismo) i giornalisti internazionali che "mettono il naso" negli affari interni. Ma un paio di anni fa - ricorda oggi il Jerusalem Post - un giornale di Al Fatah accusava il primo ministro palestinese di vendere le terre edificabili soltanto al suo clan, di attingere alle casse delle banche commerciali senza troppi scrupoli, mentre il pur amichevole britannico Guardian si indignava per gli acquisti considerevoli di auto di lusso e di lussuose dimore per i gerarchi del movimento islamico. Haaretz, un giornale israeliano che alcuni definiscono "il portavoce locale di Hamas", ricorda che lo scorso anno un alto funzionario è stato allontanato con l'accusa di sottrazione di fondi e di altre attività illecite. Chi osa censurare l'arricchimento dei membri dell'organizzazione è messo in condizioni di tacere: fioccano le denunce - assolutamente mormorate per timore di conseguenze - di minacce, torture e "incidenti stradali" ai danni di chi punta il dito sulla corruzione di Hamas, sull'arricchimento ai danni della povera gente mediante il contrabbando dei combustibili e le attività illecite basate sui tunnel che collegano la Striscia di Gaza all'Egitto. L'Associated Press ricorda il traffico per le strade di Gaza, a causa della fila di Audi, di Porsche e di costosi SUV guidati dai contrabbandieri e dagli speculatori della borsa nera dell'entourage di Hamas. Un soggetto non sospettabile come Sheikh Nabil Naim, leader della Islamic Jihad egiziana, ammonisce: "Hamas è interessata soltanto a contabbandare, a fare soldi, a commerciare, e a far fuori Al Fatah".

H/t: Jerusalem Post.

martedì 21 agosto 2012

Gaza ancora sotto assedio

Da quel 5 agosto sono passate più di due settimane, ma ancora oggi il valico di Rafah che collega l'Egitto alla Striscia di Gaza è ancora chiuso. Ufficialmente per le celebrazioni conclusive del Ramadan.
I media palestinesi però rilevano che il valico di Taba fra Egitto e Israele è sempre aperto e attivo: molti israeliani (arabi ed ebrei) si sono diretti nel Sinai per alcuni giorni di vacanza.
Il valico di Rafah invece rimane chiuso. La Striscia è isolata a sud. Non solo: le autorità di Gerusalemme hanno reso noto che il valico di Kerem Shalom, che collega Gaza ad Israele, e dal quale diverse tonnellate di beni di ogni tipo affluiscono a Gaza, è rimasto chiuso per tre giorni - dal 19 al 21 agosto - su esplicita e formale richiesta delle autorità palestinesi di Gaza (leggasi: Hamas).
Dunque riepilogando: le autorità egiziane bloccano l'accesso di merci a Gaza dal fronte meridionale, mentre la stessa Hamas blocca l'accesso di merci da nord. E i palestinesi nel frattempo fanno la fame, costretti in stato d'assedio deciso dalle aurorità arabe sunnite (Hamas è una filiazione della Fratellanza Musulmana che comanda al Cairo). Perché?

H/t: Elder of Ziyon.

Due diversi modi di intendere il calcio

A Gerusalemme il presidente Shimon Peres, presidente della repubblica di Israele, ha ricevuto un pallone firmato da due giocatori arabi dell'equivalente locale della "Serie A" italiana. In passato un arabo è stato capitano della nazionale israeliana. Naturalmente ciò non solleva alcuna obiezione in uno stato aperto, laico, tollerante e rispettoso delle minoranze. Arabi siedono nella Corte Suprema, partecipano ai concorsi di bellezza, ovviamente siedono sui banchi del parlamento e del governo, e partecipano pienamente e attivamente alla vita politica, civile e sociale del paese.
Poco più lontano, a Nablus, nel West Bank, al Fatah ha intitolato Naana un torneo giovanile di calcio alla memoria di Raed Al-Sarkaji, Anan Subh e Ghassan Abu Sharakh. Tre premi Nobel per la pace? non si direbbe: e nemmeno tre persone che si sono spese per questa nobile causa. In realtà si tratta di tre terroristi che nel 2009 uccisero Meir Chai, israeliano, 45enne, padre di un bambino di 7 anni. I tre terroristi furono intercettati due giorni dopo dall'esercito israeliano.
Continua così l'opera di glorificazione dei terroristi palestinesi, che hanno rinunciato alla propria vita per attentare a quella altrui. Non è proprio la stessa cosa che incontrare giocatori arabi e scambiarsi riguardi ed effusioni...