mercoledì 9 novembre 2011

Così va il mondo...


Purtroppo la rivelazione del rapporto dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) non serve a niente. Certifica che l'Iran ha lavorato in questi anni alla bomba atomica, che dovrebbe essere pronta nel 2012. Ammette che Teheran ha raggiunto il punto di non ritorno: il regime produce uranio arricchito al 20%. Ciò permette di arrivare con relativa facilità al 90% negli stessi impianti.
Frustrazione e rammarico per aver prestato ascolto ad el Baradei (che ora da candidato alla presidenza dell'Egitto attacca Israele), quando per dodici anni è stato il mite direttore dell'AIEA, sostenendo la natura civile del nucleare iraniano; alla Francia, che tramite Areva - quella che doveva costruire le centrali nucleari italiane - forniva tecnologia e mezzi all'Iran, e che ha confermato le sue simpatie per Gerusalemme votando a favore dell'ingresso della palestina nell'UNESCO; e alla Russia, i cui scienziati hanno lavorato attivamente al progetto di Ahmadinejad, e che ora manifesta minaccioso dissenso all'idea di un attacco agli impianti nucleari iraniani che appare una mossa drammaticamente suicida. Come in passato, il lavoro sporca l'Occidente lo lascia ad Israele. Ma questa volta non bastano alcuni F16 a rimuovere la minaccia di un incubo: la bomba atomica in mano agli ayatollah.

L'Iran nelle ultime ore si dice pronto ad avviare negoziati con il resto del mondo sulla questione nucleare. Un modo per guadagnare ancora un po' di tempo che qualche ingenuo sicuramente si berrà. Facile prevedere che andrà come le altre volte. Con la bomba atomica in mano ad Ahmadinejad che diventerà realtà fra sei mesi. Il Mondo è avvisato, ma ancora una volta si volta dall'altra parte, incapace di assumersi le proprie responsabilità. Un atteggiamento deplorevole che ricorda i proclami del 1939: «vale la pena morire per Danzica?»

E a proposito: Oggi ricorre la "notte dei cristalli": nella notte fra il 9 e il 10 novembre 1938 i negozi degli ebrei in Germania furono distrutti e dati alle fiamme, le sinagoghe furono bruciate e gli ebrei furono uccisi, arrestati e condotti nei campi di concrentramento. Questo evento fu denunciato dai giornali dell'epoca, ma ciò non impedì a nazisti pochi anni dopo di praticare la Soluzione Finale.

Difficile contare questa volta su un pieno appoggio degli Stati Uniti. La politica estera di Obama si è rivelata sotto molti aspetti (non tutti, ma molti) fallimentare:

- ha teso la mano al regime iraniano, e Teheran tempo sei mesi si doterà di quattro bombe atomiche;
- contro l'evidenza ha mantenuto buoni rapporti con il regime siriano, e Assad ha trucidato 3500 persone;
- sorvola sull'oltranzismo turco, ed Erdogan si avvicina sempre più alla Siria, modificando gli aerei forniti dagli USA in modo che possano colpire i suoi alleati;
- balbetta frasi possibiliste nei confronti dei palestinesi, e quelli lo prendono alla lettera e mandano al macero gli Accordi di Pace di Oslo del 1993;
- pronuncia un discorso male inteso al Cairo, e favorisce il rovesciamento di un regime filo-occidentale a favore degli integralisti islamici dei Fratelli Musulmani;
- scatena una guerra contro la Libia, armando i rivoltosi (si dice) provenienti da Al Qaeda, e favorisce l'instaurazione di una polveriera a due passi da casa nostra;
- si compiace della primavera araba inaugurata in Tunisia, e osserva la vittoria di un partito filo-islamico che proclama la shaaria, e indigna una comunista anticapitalista sfegatata come la Sgrena.



E non parliamo dei risultati della politica economica, che stanno facendo rimpiangere a molti convinti sostenitori della prima ora la presidenza amministrazione: quando Bush ha lasciato (dopo 13 mesi di recessione), il tasso di disoccupazione era del 7.2%. Oggi è del 9.0%, nonostante un boom della spesa pubblica; rispetto ad allora, ci sono tre milioni di occupati in meno, e un numero ancora più elevato di sotto-occupati e lavoratori part-time loro malgrado. Il bilancio dello stato era in ordine: il deficit era del 4.8%; oggi è dell'8.5%;
il debito federale era pari al 76% del PIL; oggi raggiunge il 100%, e ha fatto perdere agli USA la "tripla A".

L'unica buona notizia del giorno proviene da New York: è ormai appurato che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU rigetterà la richiesta di Abu Mazen di membership alle Nazioni Unite. Non è stato raggiunto il quorum di 9 voti su 15, e gli Stati Uniti non dovranno opporre il loro diritto di veto. Rimane l'oltraggio dell'adesione concordata dall'UNESCO, ma il popolo palestinese non sta meglio di prima. E la dirigenza di Abu Mazen è sempre più traballante.
Ci si mette anche Ankara, che sostiene con maggiore convinzione la dirigenza di Hamas. Erdogan ha appena staccato un assegno da 2 milioni di dollari a favore di Ismail Haniyeh, "primo ministro" di Gaza. Il governo turco e le organizzazioni private - come la famigerata IHH, affiliata ad Al Qaeda e organizzatrice del tentativo di forzatura del blocco navale al largo delle coste di Gaza, versano annualmente 48 milioni di dollari al governo di Hamas. Non a caso a Gaza sempre più spesso si vedono sventolare le bandiere turche e le effigi di Erdogan.

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