mercoledì 24 agosto 2011

L'inverno arabo



In Tunisia, come in Egitto, come ora in Libia, il rimedio si sta tristemente (e prevedibilmente) rivelando peggiore del male. Questo forse spiega la cautela dei vertici israeliani circa la possibilità che venga deposto il regime sanguinario di Assad: non è fiancheggiamento, è che chi segue è certamente più dispotico e violento di chi precede. Ci siamo affannati a cacciare Mubarak, che era comunque un nostro alleato e che garantiva stabilità in Medio Oriente. Stiamo rovesciando Gheddafi, ripugnante, responsabile di orribili nefandezze, ma con cui si riusciva in qualche modo a dialogare. Lascia sconcertati la leggerezza con cui l'Occidente si sta mettendo nelle braccia di fondamentalisti islamici senza scrupoli che fra pochi anni rappresenteranno una concreta minaccia per l'Europa, e in primis proprio per l'Italia.

Si può affermare che Abdel Salam Jallud «è un personaggio che ha svolto in Libia un ruolo equilibrato e non si è macchiato di delitti e ha ottime caratteristiche per essere uno dei protagonisti della transizione verso la nuova Libia» come ha fatto ieri il ministro degli Esteri Franco Frattini a proposito del braccio destro di Gheddafi sino al 1993? La risposta è semplice: non si può. Jallud è stato infatti pienamente corresponsabile per ben 24 anni di tutti i molti crimini commessi da Gheddafi, espulsione violenta ed esproprio degli italiani dalla Libia incluso, appoggio aperto al terrorismo incluso. Questa risposta obbliga ad un'altra domanda: chi fornisce al responsabile della Farnesina informazioni così palesemente contrastanti con la verità storica? Come sa bene chiunque abbia seguito le dinamiche del potere in Libia, Jallud ha sempre svolto un ruolo di oltranzista nel quadro di comando della Jamahiriya di cui è stato, spesso contemporaneamente ministro degli Interni, vice primo ministro, ministro dell’Economia, ministro delle Finanze, Segretario Generale aggiunto del Congresso Generale del Popolo. Come Gheddafi, Jallud ha abbandonato ogni incarico formale nel 1979, ma è rimasto a tutti gli effetti il numero 2 del regime sino al 1993. E mentre il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, incontrerà domani il primo ministro del Consiglio nazionale transitorio libico, Mahmud Jibril, qualcuno deve informare al più presto Franco Frattini che è attendibile la notizia riportata di un suo viaggio in Cina nel marzo del 1970 per l’ac - quisto per 100 milioni di dollari di una bomba atomica “per risolvere una volta per tutte il conflitto arabo-sionista” (offerta respinta da Ciou En Lai). E anche che è certa la responsabilità personale di Jallud per l’ospitalità concessa al leader terrorista palestinese Abu Nidal, all’indomani degli attentati da lui organizzati a Fiumicino e Vienna nel 1985, fino al 1992. Tra l’altro, operando da Tripoli, e in raccordo con l’alleato della Libia nel “Fronte del Rifiuto” (del - la pace con Israele) Saddam Hussein, Abu Nidal organizzò l’attentato del 14 gennaio 1991 in cui fu ucciso il braccio destro di Yasser Arafat Abu Iyad (Salah Khalaf), colpevole di condannare l’appoggio dell’Olp alla invasione irachena del Kuwait. Non basta: non è possibile che l’at - tentato di Lockerbie del 21 dicembre del 1988 sia stato messo in atto - come è stato - da Abdelbaset ali Mohamed al Megrahi, alto dirigente dei Servizi libici appartenente alla tribù Magharia, senza che il capo politico di quella tribù e potente numero due del regime, Jallud appunto, non fosse pienamente consenziente. La riprova è nel fatto che è noto che Jallud - pur allontanato dal potere (ma mai imprigionato, gli fu solo ritirato il passaporto per sospetta “intelli - genza” con un complotto militare contro il raìs), non solo protestò presso Gheddafi quando questi decise di estradare al Megrahi a Londra, ma ottenne nel 2010 che Gheddafi ne “comprasse” letteral - mente la libertà - tramite la British Petroleum che ha ammesso questo ruolo - come precondizione per quel proprio rientro nel quadro di comando del regime a cui ha inutilmente lavorato Seif al Islam. Per essere chiari: Jallud è stato - a essere leggeri- il Rudolf Hess, o il Galeazzo Ciano, o il Tareq Aziz di Gheddafi e solo pensare che ora possa svolgere un ruolo positivo nella della nuova Libia è inimmaginabile. Certo. Jallud ha sempre avuto in mano i rapporti con tutte le multinazionali del petrolio, Eni inclusa. Ancora: è evidente che il passaggio di campo della sua tribù Magharia e suo personale, dal fiancheggiamento di Gheddafi al campo di Bengasi ha avuto un peso forse determinante nel contemporaneo tracollo del regime di Tripoli. Ma la realpolitik, e la stessa difesa degli interessi energetici dell’Italia, non può portare un eccellente ministro quale è Franco Frattini a attribuire attestati di affidabilità democratica - e ancor meno di coscienza pulita - ad un figuro come Jallud. Si può anche comprendere che si faccia di necessità virtù e che in qualche modo si “pa - ghi” il suo tardivo tradimento di Gheddafi. Ma che almeno lo si faccia in modo discreto

Carlo Panella, su "Libero" del 24 agosto 2011

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